Trasmesso alla procura di Bari l’esposto di European Consumers sulla Truffa Xylella

Abbiamo sempre considerato inquietante e una truffa la vicenda Xylella in Puglia e allertato ripetutamente mass-media e opinione pubblica sulle troppe contraddizioni, inoltrando lettere ufficiali al ministero dell’ambiente e presentando esposti alle Procure. Si tratta innanzitutto di un’emblematica vicenda del primato che ancora si vuol dare all’economia sulla qualità ambientale violando il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale (G.U. n. 88 del 14 aprile 2006) che ci pare il caso di ricordare al pubblico:

Art. 3 ter La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.

Art. 3-quater. Principio dello sviluppo sostenibile

Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.

Anche l’attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell’ambiente anche futuro.

La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane”.

La truffa Xylella è un esempio di politica e scienza che si inchinano alle logiche di mercato, favorendo gli interessi delle multinazionali produttrici di pesticidi e di speculatori agricoli che intendono modificare il territorio a favore di produzioni iper-intensive e speculazioni varie. Sullo sfondo centri di ricerche che, complici i feroci tagli dei governi degli ultimi anni, sono stati trasformati in aziende alla costante ricerca di finanziamenti privati alle cui logiche sono piegati gli stessi dati scientifici.

Come è noto è stata recentemente Archiviata l’inchiesta aperta nel 2015 a seguito di tre esposti presso la Procura della Repubblica di Lecce, presentati da associazione di ambientalisti nella primavera del 2014 perché: “non sono state infatti ravvisate delle connessioni tra il propagarsi del batterio e le condotte o sperimentazioni portate avanti dagli ex indagati, accusati di aver diffuso la malattia delle piante, aver violato le disposizioni in materia ambientale, del reato di falso materiale e ideologico, getto pericoloso di cose, deturpamento del paesaggio“[1]. Il giudice Maritati ha tra le altre cose evidenziato come non si potesse indicare la Xylella quale causa della fitopatologia.

Nell’esposto denuncia dell’Associazione NoOGM si citava tra le altre cose l’inchiesta “Xylella Report”[2], in cui si riteneva che i dirigenti del Servizio Sanitario Regionale avessero mentito agli Ispettori europei comunicando falsamente che gli alberi infetti di xylella nel 2013 risultavano essere il 100% dei campioni analizzati, ben sapendo che in realtà risultavano dalle analisi compiute 21 alberi infetti su  1.757 testati (poco più dell’1%!). Si citavano gravi ritardi, negligenze e/o omissioni da parte dei responsabili del Servizio Fitosanitario Regionale nel rilevare e comunicare agli organi competenti l’esordio dei primi sintomi di fitopatia degli ulivi, segnalati fin dal 2008. Ammissioni emergono dalle dichiarazioni di Giovanni P. Martelli, all’epoca Direttore della Cattedra di Virologia Vegetale all’Università di Bari, in un articolo scritto sul sito dell’Accademia dei Georgofili[3].

Nel registro degli indagati erano stati iscritti il commissario straordinario per l’emergenza, Giuseppe Silletti; Antonio Guario, ex dirigente dell’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia; Giuseppe D’Onghia, dirigente regionale del settore Agricoltura; Silvio Schito, dirigente dell’Osservatorio fitosanitario di Bari; Giuseppe Blasi, dirigente presso il Dipartimento delle politiche europee e internazionali dello sviluppo rurale; Vito Nicola Savino, a capo del centro di ricerca “Basile Caramia” di Locorotondo; Franco Nigro, docente di Patologia vegetale all’Università di Bari; Donato Boscia, ricercatore del Cnr di Bari; Maria Saponari, ricercatrice del Cnr; Franco Valentini, ricercatore presso lo Iam, l’Istituto agronomico mediterraneo di Valenzano“.

In riferimento ai ritardi nelle comunicazioni ufficiali alle autorità competenti per quanto riguarda il fenomeno dell’essiccamento degli ulivi e sul ritrovamento della Xylella si cita anche un ispettore fitosanitario, che riferisce di aver saputo da Guario che già nel 2005 la politica era a conoscenza del problema, ma procedere con gli espianti sarebbe stata una scelta troppo impopolare.

Da quell’anno fino al 2013, quando il problema emerge dai mass-media, nessuna azione di contrasto o contenimento del batterio è stata pianificata o attuata. Secondo la Procura i laboratori incaricati di effettuare le analisi avevano bisogno del tempo necessario per ottenere l’accreditamento al fine di poter effettuare la manipolazione del batterio.

Un aspetto particolarmente delicato, è quello che riguarda i campi sperimentali in provincia di Lecce dal 2010 per testare prodotti fitosanitari efficaci contro la “Lebbra dell’olivo”, fino al quel momento vietati. Le indagini hanno accertato che i campi erano stati creati nel 2009, ma gli uffici della Asl e della Regione non avrebbero fornito alla magistratura notizie necessarie per conoscere i motivi della sperimentazione o gli enti proponenti. Con la conseguenza che, in caso di una mancata valutazione del rischio, l’uso di fitofarmaci avrebbe ulteriormente indebolito le difese di piante già esposte all’attacco di batteri come quello della Xylella.

Si sa dagli stessi verbali del 19 dicembre 2013 della Commissione agricoltura che

“Dalla visita diretta della zona focolaio è possibile accertare come il disseccamento non sia affatto ingente, bensì a macchia di leopardo evidenziando alcune caratteristiche particolari: - maggiore presenza di sintomi da disseccamento negli uliveti potati in modo scriteriato ed eccessivo nel periodo di luglio (le piante di ulivo si potano notoriamente all’incirca a febbraio); -maggiore presenza di sintomi da disseccamento nei terreni che utilizzano in modo massiccio i disseccanti (in particolare il Roundup della Monsanto contenente glifosate) e i fungicidi (tra l’altro vietati) rispetto agli uliveti a conduzione biologica, questi ultimi dal canto loro mostrano lievissimi attacchi o sintomi da CDRO, che potrebbero essere imputati anche a cause consuete e tradizionali; -c’è da notare come gli uliveti salentini siano scarsamente curati, poiché storicamente questa era una zona di produzione di olio lampante che nei secoli scorsi esportava grandi quantitativi alla volta di Londra e il Nord Europa in generale; – per questo motivo gli ulivi sono stati scarsamente potati nei secoli e sono cresciuti come veri e propri giganti, le olive per la maggior parte (ma non tutti gli ulivocoltori adottano questa tecnica) tutt’oggi vengono lasciate cadere e la raccolta si effettua da terra per “spazzolamento”[4].

La Procura ha stabilito che vi sia stata “incredibile sciatteria” nelle operazioni di campionamento dei materiali su cui effettuare le analisi per provare la presenza del batterio. Dal decreto di archiviazione dell’inchiesta emergono inquietanti conversazioni tra gli indagati, ricercatori e dirigenti dell’Osservatorio fitosanitario regionale. Dallo scambio di mail tra gli indagati, la cui posizione è stata archiviata a Lecce, ma con una parte di inchiesta trasferita a Bari come vedremo più avanti, si evince la “preponderanza dell’interesse economico”, ovvero la prospettiva di ottenere finanziamenti rispetto alla finalità della ricerca scientifica. Le pm Valeria Mignone e Roberta Licci affermano che “questo ‘secondo fine’ ha chiaramente condizionato l’approccio degli indagati alla questione sin dalle primissime battute, e già anche a discapito della trasparenza della ricerca scientifica”. La Procura ha però chiesto di chiudere l’inchiesta perché non si può provare il nesso del collegamento tra i comportamenti contestati agli ex indagati e la diffusione del batterio Xylella fastidiosa[5].

In una mail agli atti diretta ad Antonio Guario, allora dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari, e a Donato Boscia, ricercatore del Cnr, scritta da Franco Nigro, docente di patologia vegetale all’Università di Bari, il 19 settembre 2013, nei giorni in cui si iniziava a discutere apertamente del problema grazie ad articoli di stampa: “Come avrai potuto notare dalla rassegna stampa, anche altri colleghi universitari sono al lavoro. Pertanto io credo che, per la parte di mia competenza, sarà necessario dare un’accelerata alle risultanze raccolte sia in questa fase che in precedenti prove effettuate in situazioni analoghe. Infine, sarebbe opportuno che il pool si riunisse a breve (possibilmente prima del 24 p.v.) per cercare di capire chi sta contrattando risorse finanziarie in suo nome e conto”.

La Procura annota che dalle mail trovate sui computer sequestrati “traspare una costante e quasi imbarazzante attenzione ai riflessi in tema di notorietà sul piano sicentifico e alle prospettive economiche della gestione del fenomeno, poi avvenuta in regime di sostanziale monopolio da parte dell’Università di Bari e dei laboratori ad essa collegati. Si giunge persino a studiare e proporre bozze della normativa in materia di Xylella, bozze nelle quali viene specificato anche l’importo dei finanziamenti da destinare in modo esclusivo alla ricerca condotta dall’Università di Bari”.

Nigro scrive a Boscia (19 ottobre 2013): “Adesso il Codile è diventato anche il centro cui segnalare nuovi focolai? […] Vuoi vedere che grazie al ruolo svolto nelle indagini, al Codile rimpinguano immediatamente i 360mila euro? Ma qui stiamo impazzendo? Antonio dovrebbe essere più onesto con noi”.

Boscia scrive a Maria Saponari, ricercatrice del Cnr (15 marzo 2014): “Non banalizziamo la prova: se usiamo la coratina, la infettiamo con la fastidiosa, la osserviamo asintomatica per uno, due, tre… quindici anni, poi quando Martelli sarà morto, Savino forse, io non so, la professoressa avrà avuto una crisi isterica perché non ci ha guadagnato nulla in tutti i sensi, tu avrai l’età mia e pubblicherai che (Xylella, ndr) non è patogenica (ma questo lo sappiamo già): embè?”.

La Procura ha trasmesso gli atti a Bari per l’ipotesi di falso di atti presso lo Iam (Istituto Agronomico Mediterraneo) di Valenzano. Ma non solo. All’attenzione dei magistrati baresi ci sono due comunicazioni effettuate dal Fitosanitario (rispettivamente il 2 e il 15 ottobre 2013) relative alla presenza del fenomeno del Codiro sia al rinvenimento della Xylella. Infine è stato trasmesso anche un esposto presentato nel febbraio scorso da European Consumers, in cui si fa riferimento alla gestione di finanziamenti da parte della Regione.

L’accusa è di aver falsificato i documenti con cui nel 2010 vennero importati a Bari dal Belgio e dall’Olanda ceppi di Xylella Fastidiosa, utilizzati in un workshop svolto all’Istituto agronomico mediterraneo che avrebbe introdotto in Italia il batterio. Verte su questa ipotesi il fascicolo che la Procura di Lecce ha trasmesso ai colleghi di Bari dopo l’archiviazione dell’inchiesta sugli scienziati accusati di aver favorito l’epidemia.

Uno degli indagati, il ricercatore Franco Valentini dello Iam, ha detto agli investigatori che gli esemplari importati appartenevano alla sub-specie «Multiplex», e non alla «Pauca» ritrovata in Salento. Nell’aprile 2015, la Forestale si era presentata con un ordine di esibizione allo Iam che, in quanto organo collegato alle Nazioni unite, gode di immunità paragonabile a quella diplomatica. Una funzionaria dell’istituto consegna una dichiarazione con cui, pur non rinunciando all’immunità, lo Iam acconsente all’acquisizione, ma poi chiede di restituire il documento e lo strappa dicendo «di essere stata aspramente richiamata dai suoi superiori». I militari riescono a ottenere una fotocopia di un «verbale di controllo» del materiale importato, firmata da Valentini e dall’allora responsabile dell’Osservatorio fitosanitario regionale, Antonio Guario.

Secondo la ricostruzione della Forestale, i materiali importati sono “differenti rispetto a quelli per i quali era stata richiesta l’autorizzazione”, cioè quattro ceppi di Fastidiosa provenienti dal Belgio: una “ulteriore e diversa introduzione di materiale infetto”, arrivato dall’Olanda e trasportato da uno studioso che avrebbe partecipato al workshop. La lettera di autorizzazione per questo lotto di materiale sarebbe stata rilasciata in un secondo momento: lo proverebbe un timbro  olandese con data posteriore a quella del verbale di apertura dei campioni. Il corriere indicato nel verbale (Dhl) ha affermato che la spedizione non era avvenuta. Secondo la Procura di Lecce “I due verbali attestanti il controllo del materiale in arrivo allo IAM-B di Valenzano (BA), così come anche i verbali di verifica e distruzione del materiale contaminato risultano redatti su carta semplice non riportante alcuna intestazione e/o protocollo di registrazione, prestandosi, pertanto, a facili sostituzioni nel tempo”. La Forestale ritiene “priva di plausibile giustificazione” l’importazione in Italia da parte dello Iam “a scopi di ricerca scientifica e di studio per la formazione di esperti» di tutte le sottospecie di Xylella” ad eccezione proprio della «Pauca» che infetta il Salento[6].

Oltre che la questione dell’importazione dei campioni del batterio, la Procura di Bari dovrà chiarire il contenuto di alcuni documenti redatti da ricercatori di Università di Bari, Cnr e «Basile Caramia»[7] di Locorotondo, oltre che da un altro dell’assessorato Agricoltura della Regione Puglia.

Si indaga per falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale. Sono sette i nominativi su sui si concentrano gli accertamenti, nomi che compaiono già nell’indagine madre: Antonio Guario, dirigente del servizio Agricoltura della Regione, Giuseppe D’Onghia, dirigente regionale del settore Agricoltura; Vito Nicola Savino, dirigente dell’istituto Caramia di Locorotondo; Franco Nigro (Università di Bari); Donato Boscia, responsabile dell’Istituto per la protezione delle piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice presso lo stesso istituto e Franco Valentini ricercatore dello Iam (l’Istituto agronomico mediterraneo) di Valenzano.

Di questo ramo d’inchiesta c’è traccia nella richiesta di archiviazione alla luce delle emergenze investigative relative alla effettiva datazione della individuazione del batterio così come alla questione inerente la regolarità dei finanziamenti pubblici.

Come ricorda il Corriere Salentino i sospetti sono stati “alimentati da quanto rappresentato nel recente esposto presentato dalla European Consumers il 21 febbraio scorso” che affronta sia la questione delle presunte falsificazioni documentali intervenute presso lo Iam (l’Istituto agronomico mediterraneo) di Valenzano che la gestione dell’emergenza[8].

Ulteriori dubbi sulla liceità della procedura è la recente informazione[9] che un olivo di Monopoli destinato all’abbattimento, è risultato negativo a un accertamento da parte della Regione Puglia. I dati ufficiali forniti dalla Regione Puglia, dicono che, su 450.000 piante campionate, solo il 2% risulta infetto dal batterio Xylella fastidiosa, appena qualche migliaio e non tutte si disseccano. A Melendugno, in piena zona infetta quando, nell’aprile 2018, la Tap, per la costruzione del gasdotto Trans Adriatic Pipeline, ha chiesto alla Regione Puglia l’autorizzazione allo spostamento di piante di olivo, è emerso che su 450 solo 3 erano positive al batterio, lo 0,7%. Dallo stesso Piano Xylella risulta che all’analisi sono state individuate il 2% di piante infette nella zona di contenimento e 0,1 % nella zona cuscinetto. Quindi una presenza bassa. Inoltre bisognerebbe sapere se queste infette siano veramente malate. Nulla si dice sui disseccamenti in assenza di Xylella[10].

Sulla base di monitoraggi inaffidabili nell’Alto Salento e nella Piana degli Ulivi in questi giorni si stanno velocemente abbattendo piante in perfetta salute e monumentali, dichiarate infette dalla stessa Rete Selge[11] che ha dichiarato infetta la pianta di Monopoli.

La nostra associazione si associa alla lotta del Comitato per la Salvaguardia dell’Ambiente e del Paesaggio – Valle d’Itria, Terra D’Egnazia Onlus, del Popolo degli Ulivi, del Movimento per la Carta dei Diritti di Madre Terra per chiedere:

– all’Osservatorio fitosanitario di effettuare nuovamente le analisi di tutti gli olivi dichiarati infetti, iniziando da quelli sui quali pende l’ingiunzione di abbattimento;

– al Governo di consentire ai proprietari la possibilità di effettuare contro analisi presso laboratori terzi anche fuori Regione eliminando l’assurdo divieto, contrario alla scienza e al diritto, imposto ai proprietari.

– al Governo di sospendere con effetto immediato il Decreto Centinaio (ottobre 2018) e gli Artt. 6,7 e 8 del Decreto Emergenze poiché si fondano su tutta una serie di incertezze e infondatezze scientifiche, così come anche nettamente evidenziato dalle procure.

Si considera necessario che gli organi inquirenti valutino se tali interventi distruttivi, in assenza di valide giustificazioni scientifiche, non configurino i crimini di disastro ambientale e attentato alla salute pubblica, nonché di abuso di autorità.

Inoltre come già segnalato nell’ultima bozza di decisione europea approvata il 28 aprile scorso si riconosce che nella provincia di Lecce la Xylella non è eradicabile, oramai ampiamente insediata nel territorio e, perciò è esentata da misure di eradicamento delle piante ospiti e di quelle che presentano sintomi di essiccamento attorno ad ogni pianta risultata infetta alle analisi (che come abbiamo detto sopra rendono leciti parecchi dubbi).

Contro le evidenze riscontrate e citate dalle stesse Procure e dagli organi inquirenti c’è chi continua a vedere complotti dove c’è una razionale lettura della realtà resa possibile dai dati disponibili (https://www.corrieresalentino.it/2019/05/xylella-fitto-archiviazione-e-vittoria-della-scienza-e-sconfitta-degli-stregoni-complottisti/).

Per leggere il Decreto di Archiviazione:  Archiviazione-Xylella-GIP

Per approfondire: https://www.europeanconsumers.it/tag/xylella/

Note

[1] Archiviata inchiesta Xylella: nel 2015 sequestro di olivi e dieci indagati.

https://www.lecceprima.it/settimana/archiviazione-inchiesta-xylella-lecce-7-maggio-2019.html

[2] https://xylellareport.it/; https://www.facebook.com/xylellareport/

[3] Disseccamento rapido dell’olivo. http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=1510

[4] Gli alberi che rinascono, la sindrome indotta e l’emergenza prima dell’emergenza. https://xylellareport.it/2014/05/11/xylella-le-bufale-e-i-cavalli-di-troia/

[5] Inchiesta Xylella archiviata, ecco le conversazioni riservate. http://www.trnews.it/2019/05/07/inchiesta-xylella-archiviata-ecco-le-conversazioni-riservate/252099

[6] Xylella, a Bari l’indagine sul batterio importato. https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bari/1139741/xylella-a-bari-l-indagine-sul-batterio-importato.html

[7] http://xylellareport.it/2015/08/07/xylella-lo-strano-monopolio-del-basile-caramia/

[8] Inchiesta bis sulla Xylella per falso: al vaglio la posizione di sette nomi https://www.corrieresalentino.it/2019/05/inchiesta-bis-sulla-xylella-per-falso-in-sette-nei-guai/?fbclid=IwAR328ileUlwfR8Dui_dUZwXCvGf8kHtIPFJIl0SZlx_ajT9TbRjjLQPWkPQ

[9] Xylella/Una vicenda emblematica http://www.leccecronaca.it/index.php/2019/05/08/xylella-una-vicenda-emblematica/

[10] Xylella, Ecsel smonta le “certezze” dell’Accademia dei Lincei. https://www.askanews.it/economia/2019/05/04/xylella-ecsel-smonta-le-certezze-dellaccademia-dei-lincei-pn_20190504_00104/

[11] Rete di Laboratori Pubblici di Ricerca SELGE. https://www.smau.it/bari14/partners/selge/

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1 commento

  1. Elvia Franco

    Ambiente e paesaggio vanno tutelati!

    Rispondi

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