Deroghe e mascherine: pericoli per la salute

Le mascherine per uso Civile possono essere prodotte ed immesse nel mercato senza alcuna certificazione e non devono rispettare nessuna norma sulla filtrazione. Sono quindi del tutto inutili come presidio medico-sanitario.

Le mascherine per uso medico devono essere certificate e rispondere alla norma EN14683. I test valutano l’efficacia della filtrazione batterica e permettono di stabilire la conformità delle mascherine con la Normativa europea EN 14683: in base a questa normativa il livello di efficacia di una mascherina può essere di quattro tipi: Tipo I: efficacia di filtrazione batterica superiore al 95%. Tipo II: efficacia di filtrazione batterica superiore al 98%. Tipo R: la normativa europea prevede anche un test di resistenza alla proiezione, in base al quale le mascherine possono essere di tipo IR e IIR. Le mascherine IIR sono quelle più resistenti. Come si legge sono prodotte per isolare dai batteri ma hanno un forte limite con i virus.

Alcune mascherine sono un presidio medico chirurgico e possono essere considerate a tutti gli effetti un trattamento medico sanitario. C’è un’interferenza con le attività biologiche e fisiologiche naturali, a partire dalla respirazione conclamata dalle stesse fonti ufficiali governative. Se a questo si aggiunge il rilascio di sostanze tossiche dal tessuto il quadro del danno sanitario è completo.

Già a maggio si è preso atto che sul mercato circolano moltissime mascherine prive dei corretti certificati. Accredia sul suo sito ha pubblicato sei esempi di certificati falsi relativi alle mascherine e a livello europeo l’European safety federation ha pubblicato una intera pagina nella quale si illustrano i principali casi di certificati falsi nell’ambito dei prodotti che girano oggi sul mercato[1].

Invece di aumentare i sistemi di controllo, il legislatore italiano ha convertito in legge il decreto Cura Italia (legge 24 aprile 2020 n. 27) con il quale si rinnova il regime in deroga (articoli 15 e 16), che consente la commercializzazione di mascherine prive di marcatura CE, previa valutazione in capo all’Inail (se sono Dpi) o all’Iss (se sono Dm).

In Italia, dato il numero limitato di fabbricanti di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e di dispositivi medici, si è assistito a un massivo ricorso alle importazioni di questi prodotti, soprattutto dalla Cina, leader mondiale nella fabbricazione. Per rispondere all’esigenza di rendere rapidamente disponibili DPI e dispositivi medici, una molteplicità di soggetti che mai si erano occupati esclusivamente o principalmente dell’importazione di questi prodotti, ha iniziato a svolgere tale attività.

Di fronte alla necessità di garantire una tempestiva ed elevata disponibilità di DPI e dispositivi medici e ridurre i tempi di attesa della produzione e commercializzazione, garantendone allo stesso tempo i requisiti di sicurezza, l’Italia ha disposto una deroga alle procedure ordinarie di valutazione della conformità di questi prodotti, per tutto il periodo dell’emergenza.

Con il Decreto Legge 18/2020 “Cura Italia” del 17 marzo scorso “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, il Governo ha consentito la produzione, l’importazione e l’immissione in commercio, per il periodo dell’emergenza, di DPI e mascherine chirurgiche in deroga alle normali disposizioni, ma che devono garantire la protezione degli utilizzatori.

La procedura prevista nell’art.15 del DL n.18 del 17 marzo 2020, prevedeva l’intervento dell’Istituto Superiore di Sanità per validare gli aspetti di sicurezza e prestazione delle mascherine chirurgiche tra i quali la conformità dei prodotti alla norma UNI EN 14683 (in revisione corrente). Il fabbricante deve comunque completare la valutazione secondo la norma EN ISO 10993-1:2009 e determinare il regime di prova tossicologica applicabile. I risultati del test dovrebbero essere documentati in accordo alla parte applicabile della serie di norme EN ISO 10993 e devono essere disponibili su richiesta.

In merito alle mascherine destinate alla collettività, non è prevista alcuna valutazione dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’INAIL. La Circolare del Ministero della Salute del 18 marzo 2020 afferma semplicemente che i produttori delle mascherine “filtranti” devono garantire che le stesse non arrechino danni o determinino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori secondo la destinazione d’uso prevista dai produttori (ai quali non si applicano, in ogni caso, le procedure valutative di cui all’art. 15).

L’Istituto Superiore di Sanità ha chiarito inoltre che le mascherine utilizzate dalla collettività per uso quotidiano (es., andare a fare la spesa, recarsi in banca, viaggiare in treno, ecc.) non sono dispositivi medici.

Le disposizioni sono state confermate e aggiornate con la Legge 27/2020 “Cura Italia” del 24 aprile scorso “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”.

Il ministero della Salute con Ordinanza 26 aprile 2020[2] ha consentito l’importazione di mascherine anche in assenza di iscrizione nella Banca dati dispositivi medici del ministero della Salute e prive dell’etichettatura in italiano. Il Commissario Arcuri nella stessa data ha emanato l’Ordinanza 11/2020 con la quale è stato stabilito che il prezzo al pubblico delle sole mascherine Dm non può essere superiore a 0,50 euro. A seguito delle lamentele di farmacisti che avevano già acquistato ad un importo più alto è stato siglato un protocollo d’intesa con le associazioni di settore per il rimborso da parte dello Stato della differenza pagata in più rispetto al prezzo fisso di vendita. Chiaramente determinare un limite di prezzo al ribasso può determinare uno scadimento del prodotto distribuito e aprire spazi alle speculazioni legate all’import-export.

Successivamente, l’entrata in vigore dell’art. 66 bis del DL 34/2020, convertito con modificazioni dalla Legge 77/2020, ha innovato la procedura di validazione straordinaria in deroga dei DPI. Per assicurare alle imprese il necessario fabbisogno dei dispositivi e sostenere la ripresa in sicurezza delle attività produttive, sono stati previsti criteri semplificati di validazione, in deroga alle norme vigenti, che assicurino l’efficacia protettiva, idonea all’utilizzo specifico, fino al termine dello stato di emergenza.

In mancanza di una norma specifica, sono comunque valide le certificazioni CE per i dispositivi per la protezione delle vie aeree dagli agenti biologici di gruppo 2 e 3, come DPI di III categoria rilasciate da un Organismo Notificato, anche se non rispondono alla norma UNI EN 149:2009[3]. La norma tecnica comunque non cita la possibile perdita di nanoparticelle di titanio.

A questo si aggiunge la leggerezza con cui mascherine non garantite nemmeno dalle lacunose norme CEE vengono immesse in circolazione. Nella Regione Toscana, sarebbero state distribuite ai cittadini dispositivi di protezione non certificati. A vari produttori nel mese di giugno erano state sequestrate centinaia di migliaia di mascherine chirurgiche destinate alla Protezione Civile e alla centrale acquisti per la sanità per conto della Regione Toscana (Estar). Alcune aziende, scelte a chiamata diretta dalla Regione, incapaci di rispettare gli accordi presi in termini produzione e consegna di mascherine, avrebbero subappaltato il lavoro a ditte cinesi[4].

Le mascherine in questione, prodotte, sarebbero state consegnate senza che vi fosse l’obbligatoria certificazione di legge richiesta. Tredici gli imprenditori cinesi arrestati dalla Guardia di Finanza di Prato indagati anche per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della manodopera[5].

Attraverso la mascherina entrambi i rischi di assunzione di particelle di sostanze tossiche possono essere favoriti sia per via orale che respiratoria se i materiali non sono adeguati. Questa caratteristica deve essere considerata attentamente.

Abbiamo, infatti, già parlato ripetutamente dei riconosciuti rischi attribuiti al biossido di titanio da vari rapporti e in riferimento a vari prodotti. European Consumers, con un intervento presso la commissione europea, ha a tal proposito fatto rimuovere pubblicità fraudolenta in cui si affermava l’innocuità di creme solari che lo contengono[6]. Per le caratteristiche del prodotto tale innocuità non può di fatto essere garantita.

Sul sito dell’ECHA nel documento informativo sulla sostanza correlato al biossido di titanio[7] si può leggere:

“Classificazione ed etichettatura dei pericoli: Attenzione! Secondo la classificazione fornita dalle aziende all’ECHA nelle registrazioni REACH, questa sostanza è sospettata di provocare il cancro.”

Quindi attualmente sono addirittura i produttori ad ammettere la sua cancerogenicità.

Come affermato dall’ECHA, da noi interpellato a proposito: “In conformità al 14° ATP del regolamento CLP, il biossido di titanio (n. CAS 13463-67-7) [in polvere contenente 1% o più di particelle con diametro aerodinamico ≤ 10 μm] è classificato come Carc.2 (per inalazione)”. Pertanto, la classificazione come cancerogeno per inalazione si applica alle miscele in polvere contenenti l’1% o più di biossido di titanio che è sotto forma o incorporato in particelle con diametro aerodinamico ≤ 10 μm.

Qualsiasi prodotto a base di titanio che ha produzione di particelle al di sotto di 10 μm è quindi un rischio per la salute umana se assunto per inalazione. Oltre a questo recentemente ulteriori studi stanno dimostrando una pericolosità anche per assunzione orale. Il prodotto è infatti utilizzato oltre che nei detergenti anche per alimenti, integratori alimentari e prodotti farmaceutici[8].

Il 7 settembre la Commissione ENVI (Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare) del Parlamento europeo ha approvato una proposta di risoluzione per chiedere alla Commissione europea il bando dell’uso alimentare del biossido di titanio (E171) in quanto pericoloso per la salute[9]. Si attende la risposta della Commissione.

Applicando il Principio di precauzione in Francia è stata quindi vietata la commercializzazione degli alimenti contenenti biossido di titanio dopo che l’Agenzia francese per la sicurezza dell’alimentazione, data l’assenza di dati che consentano una valutazione certa del rischio, ha dato parere di limitare l’esposizione a questa sostanza favorendo l’impiego di alternative sicure. Quindi il rischio per l’esposizione individuale al biossido di titanio va molto al di là della semplice inalazione di micro-particelle.

Eppure Adiconsum Veneto ha analizzato lotti di mascherine sequestrate dalla Guardia di Finanzia di Padova perché prive di documentazione e ha scoperto la presenza di grandi quantità di biossido di titanio, materiale, che conferisce al prodotto una colorazione bianca e ha proprietà assorbenti. Su 700 mascherine tra chirurgiche, Fpp2 e quelle in cotone “in circa 450-500 abbiamo trovato biossido di titanio in quantità variabile da 100 ppm (corrispondenti a mg/Kg, ndr) a 2000 ppm. La quantità maggiore era in quelle bianche o sulla parte interne”[10].

Per cui, oltre a invitare a respirare ove possibile aria libera per evitare di reimmettere nel proprio organismo sostanze tossiche espulse dall’espirazione, avvisiamo i cittadini di informarsi se le mascherine, che sono costretti ad utilizzare dalle pesanti sanzioni imposte a livello locale e nazionale, sono prive di diossido di titanio e garantite CE. Se il venditore o l’etichetta non possono dare questa garanzia è meglio non acquistarle.

Per scaricare la versione pdf Deroghe e mascherine

 

Riferimenti

[1] Mascherine come Dpi e Dm, la normativa non è sempre chiara. https://www.aboutpharma.com/blog/2020/05/04/mascherine-come-dpi-e-dm-la-normativa-non-e-sempre-chiara/

[2] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/28/20A02393/sg

[3] UNI EN 149:2009 | Marcatura CE semi maschere filtranti FFP. https://www.certifico.com/normazione/234-documenti-riservati-normazione/10418-uni-en-149-2009-marcatura-ce-semimaschere-filtranti-ffp

[4] Le mascherine non certificate che inguaiano la Regione rossa. https://www.ilgiornale.it/news/cronache/crolla-falsa-efficienza-regione-rossa-tempo-covid-1870710.html

[5] Coronavirus: operai schiavi per produrre mascherine destinate a Regione e Protezione civile

https://www.firenzetoday.it/cronaca/coronavirus-mascherine-cinesi-schiavi-truffa-regione-protezione-civile.html

[6] https://www.europeanconsumers.it/2020/04/18/accolta-segnalazione-di-european-consumers-allecha-su-pubblicita-ingannevole-relativa-ai-prodotti-conenenti-titanium-dioxideaccolta-segnalazione-di-european-consumers-allecha-su-pubb/

[7] ECHA. Substance Infocard. Titanium dioxide. https://echa.europa.eu/it/substance-information/-/substanceinfo/100.033.327

[8] Biossido di titanio: le ripetute segnalazioni forse porteranno a un suo bando negli alimenti. https://www.europeanconsumers.it/2020/09/27/5775/

[9] Biossido di titanio, dal Parlamento UE uno stop alla Commissione https://www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/biossido-di-titanio-dal-parlamento-ue-uno-stop-alla-commissione

[10] L’associazione ha analizzato diversi lotti di mascherine sequestrate dalla Guardia di Finanzia di Padova perchè prive di documentazione https://www.lapressa.it/articoli/societa/mascherine-allarme-adiconsum-grandi-quantit-di-biossido-di-titanio

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