La grande diversità varietale agricola del territorio nazionale italiano è ben rappresentata dalle 199 varietà nazionali di frumento. Esse rappresentano una importante risorsa per conservare la biodiversità agroalimentare e recuperare le tradizioni culturali del nostro paese. Sono inoltre fondamentali nell’approccio agro-ecologico perché la variabilità dei sistemi agricoli biologici è così ampia che non sono concepibili poche varietà adatte a tutti i contesti. Questi sistemi agricoli non possono utilizzare input chimici per mitigare gli effetti ambientali ed è necessario utilizzare varietà per quanto possibile locali ed adattate agli ambienti di coltivazione e ad eventuali fitopatogeni[1].
Al contrario dell’agricoltura convenzionale, il biologico necessita di varietà migliorate direttamente negli ambienti di coltivazione con una certa eterogeneità al loro interno, in modo da garantire una stabilità di produzione e rispondere alle diverse necessità degli agricoltori[2]. Le varietà “antiche” sono tipicamente rustiche, con migliori adattamenti a situazioni di terreni poveri e climi avversi, e quindi adatte al biologico, dove ci sono limiti per la concimazione azotata. Inoltre spesso producono molti steli sulla rosetta basale e sono generalmente alte, aiutando a controllare le infestanti.
Eppure recentemente i cosiddetti “grani antichi” sono stati oggetto di duri attacchi da parte di vari organi informativi[3]. Purtroppo questa operazione di disinformazione, associata alle pressioni a livello governativo per la diffusione degli OGM anche nell’agricoltura biologica, è facilitata dall’ambiguità con cui è utilizzato questo termine che include specie progenitrici (ad es. il Farro monococco e dicocco), ecotipi locali legati a ben determinate aree geografiche, varietà selezionate negli ultimi cento anni da genetisti e selezionatori italiani.
Innanzitutto bisogna premettere che i frumenti attuali hanno avuto origine dalla combinazione di genomi di specie diverse (ibridazione interspecifica) e successiva poli-ploidizzazione (cioè raddoppiamento del corredo cromosomico). Questi eventi si sono verificati in maniera spontanea e casuale nel corso di migliaia di anni e le specie attuali sono frutto di un lungo processo evolutivo.
Tutte le specie di Triticum sono originarie della “Mezzaluna Fertile” del Vicino Oriente, che comprende il Mediterraneo orientale, SE Turchia, N Iraq, N e W Iran, Transcaucasia. Di queste specie T. urartu esiste solo nella forma selvatica, mentre T. aestivum e T. zhukovskyi solo come forme coltivate. T. monococcum, T. turgidum e T. timopheevii hanno sia forme selvatiche che domestiche.
Tabella 1 Specie del genere Triticum e caratteristiche genomiche. La presenza di forme inselvatichite è un indicatore della vocazione di un territorio alla coltura del grano
Specie | Genoma | Sezione | Caratteristiche
(C=coltivata, S= selvatica) |
Forme selvatiche in Italia |
Triticum monococcum L. | AA (diploide) | Monococco | S, C | Alloctona casuale in Lazio, Sardegna, Toscana, Trentino-Alto Adige. |
Triticum urartu Tumanian ex Gandilyan | AA (diploide) | Monococco | S | Non segnalata in Italia allo stato spontaneo. |
Triticum turgidum L. | AABB (tetraploide) | Dicoccoidea | S, C | Alloctona casuale in Lombardia, Toscana, Campania. |
Triticum timopheevii (Zhuk.) Zhuk
|
AAGG (tetraploide) | Dicoccoidea | S, C | Non segnalata in Italia allo stato spontaneo. |
Triticum aestivum L. | AABBDD (esaploide) | Triticum | C | Alloctona casuale in quasi tutto il territorio. |
Triticum zhukovskyi Menabde & Ericz | AAAAGG (esaploide) | Triticum | C | Non segnalata in Italia allo stato spontaneo |
Il lignaggio di T. timopheevii ha distribuzione limitata e le sue cultivar sono endemiche del Transcaucaso. Il Grano tenero (T. aestivum) e le cultivar di grano duro (T. turgidum) sono, invece, diffusi e prodotti a livello globale. L’evoluzione del lignaggio T. turgidum come colture è iniziato dall’addomesticamento del farro selvatico (T. turgidum subsp. dicoccoides) in farro domestico (T. turgidum subsp. dicoccon). Oggi popolamenti naturali di farro selvatico si verificano nell’arco della Mezzaluna Fertile formando due popolazioni geneticamente distinte: meridionale (Israele, Palestina, Libano e Siria sud-occidentale) e settentrionali (Turchia, Iraq e Iran)[4].
Il grano tenero esaploide T. aestivum L. (genoma AABBDD), si sviluppò quando forme coltivate di T. turgidum migrarono verso nord-est in associazione con la diffusione dell’agricoltura oltre la regione della Mezzaluna Fertile. Esse entrarono in contatto con la specie selvatica Aegilops tauschii (genoma DD) e l’incrocio ibrido naturale ha portato all’allopolipoide. La speciazione del frumento tenero è avvenuta quindi in maniera agroecologica e ambientale[5].
Figura 1. Evoluzione del T. turgidum–T. aestivum complex. Le sfumature arancione e verde indicano rispettivamente i grani a trebbiatura non libera e quelli a trebbiatura libera. Gli eventi di ibridazione e introgressione interploidica hanno coinvolto Ae. tauschii (frecce rosse) e farro selvatico o domestico (frecce blu). La freccia rossa tratteggiata indica il possibile ma non confermato percorso per l’origine del farro asiatico, mentre la freccia gialla tratteggiata indica il possibile ma meno probabile percorso di diversificazione dal farro al frumento T. aestivum a trebbiatura libera (da: Matsuoka, 2011[6]). |
Le landraces rappresentano il materiale vegetale coltivato fino agli inizi del XX secolo. Si tratta di popolazioni selezionate in situ a seguito dell’attività di selezione da parte delle varie comunità agricole locali e caratterizzate da elevata eterogeneità. Questi fattori hanno consentito un perfetto adattamento ai singoli contesti pedoclimatici e culturali in cui sono coltivate.
Di fronte a questa estrema complessita l’uso del termine “Grano antico” è stato abusato, per fini commerciali, finendo per indicare sia progenitori (farro e varietà “antiche”) landraces (o popolazioni locali) che “varietà storiche” (o “varietà d’epoca”)[7]. Sono, infatti, nella “vulgata” chiamati grani “antichi” anche varietà “storiche” selezionate dalla ricerca scientifica di agronomi e genetisti, come Nazareno Strampelli (1866-1942), Francesco Todaro (1864–1950) e Marco Michahelles (1896-1989), largamente utilizzati dai primi del Novecento fino al dopoguerra e non sempre derivati da incroci tra grani locali.
Ad esempio il famoso “Senatore Cappelli” è stato ottenuto nella prima metà del Novecento dal genetista agrario Nazareno Strampelli, attraverso una serie di incroci successivi di semi diversi con l’obiettivo di migliorare la varietà Rieti, che a quel tempo era la più diffusa, con una selezione di una popolazione di grano duro nordafricano (Jean Rhetifah per Strampelli o Bidi secondo il De Cillis).
Un altro grano che ha generato confusione è il grano khorasan Kamut, che non è il nome di una varietà di grano (sarebbe il QK-77, registrato negli Stati Uniti), ma un marchio commerciale che produce e vende in regime di monopolio una varietà che sarebbe stata ritrovata in una tomba egizia. Sembra però più una mossa pubblicitaria, che una dimostrata verità storica.
Continuando sulla questione della disinformazione a vantaggio del mercato una dichiarazione del l’ISS relativa all’annosa questione sulle relazioni tra glutini “moderni” e malattia celiachia afferma:
“Per quanto riguarda la quantità di glutine, non è vero che i grani antichi ne contengano meno di quello moderno, e siano più adatti ai soggetti celiaci. Diversi articoli scientifici hanno studiato la composizione e il potenziale allergenico del glutine dei grani antichi rispetto a quelli più recenti, ma i risultati ottenuti sono stati contraddittori”[8].
In ambito scientifico non è opportuno generalizzare. Stiamo, infatti, parlando di più di 120 varietà considerate veri “grani antichi” intesi come razze progenitrici, ecotipi e varietà locali, molto differenziate rispetto a caratteristiche del glutine e “antichità”. La variabilità nei contenuti di glutine, proteine e antiossidanti può inoltre variare fortemente all’interno della stessa varietà a causa delle condizioni ambientali e della gestione agronomica e agroecologica.
Tabella 2. Confronto nutraceutico tra alcuni frumenti italiani antichi e moderni
Varietà | Note | Contenuto proteico % | Glutine % | Polifenoli totali (µmol 100 g PS) | Flavonoidi (µmol 100 g PS) | Fonte |
Abbondanza | Varietà costituita da Michahelles. Landrace. | 9.7-13.5 | 7.1 | 1143 | 45-105 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Marsili, 2017; Tarparelli, 2018 |
Andriolo | Ecotipo. Landrace. A rischio di erosione genetica | 11.5-14.5 | 10.2-11.4 | 789 | 184 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Dinelli et al., 2011; Consorzio agrario di Siena; Ercoli et al., 2020 |
Autonomia A | Ecotipo. Rischio di erosione genetica. Costituita dal Michahelles a Frassineto nel 1930 e derivata dall’incrocio “Frassineto 405” x “Mentana”. | 8.2-15.1 | 6.1-11.7 | 1000-1170 | 168 | Tarparelli, 2018; Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Autonomia B | Varietà costituita dal Michahelles a Frassineto nel 1930 e derivata dall’incrocio “Frassineto 405” x “Mentana”. Rischio di erosione genetica. | 11.04-14.7 | 8.3-10.3 | 990-1030 | 147 | Tarparelli, 2018; Dinelli & Benedettelli, 2010; Sereni et al., 2017 |
Benco | Ecotipo. | 15.1 | 12.1 | 801 | 182 | Regione Emilia Romagna; Dinelli & Benedettelli, 2010 |
Bianco Nostrale | Ecotipo. Varietà locale. Rischio di erosione genetica. | 14.4-14.6 | 10-10.7 | 900-2700 | 154 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Bolero | Varietà di moderna costituzione. Raccomandato per colture biologiche. | 9.3-13.5 | 14.0-18.9 | 1039-3055 | 167 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Marsili, 2017 |
Canove | Ecotipo. | 15.2 | 14.2 | 1260 | 168 | Dinelli & Benedettelli, 2010 |
Carosella | Ecotipo. Varietà locale. Il prodotto PAT è la Farina di Carosella. Molto resistente all’allettamento | 9.8 | 7.5 | 1404 | 183 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Tarparelli, 2018 |
Frassineto | Grano italiano selezionato a partire dal Gentil Rosso (Michahelles, 1932). | 13.2 | 9.6-11.1 | 1110 | 169 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Gentil bianco | Ecotipo. Varietà locale. Grano antico italiano. A rischio di erosione genetica. | 12.3-13.00 | 9.1-10.3 | 1000-2500 | 188 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Gentil rosso | Varietà locale. Varietà antica di grano, coltivata in Italia ad inizio 1900 per 30 anni il grano più coltivato in tutta la penisola. | 12 | 8.5 | 1489-3500 | 212-219 | Tarparelli, 2018; Dinelli & Benedettelli, 2010; Sereni et al., 2017; Marsili, 2017; Ercoli et al., 2020 |
Gentil Rosso Aristato | Ecotipo. Landrace. Grano antico italiano. Originario della Toscana. Introdotto attorno al 1900. | 12.6-13.6 | 8.6-9.6 | 2500 | 500 | Ercoli et al., 2020 |
Gentil Rosso Mutico | Ecotipo. Landrace. Grano antico italiano. Originario della Toscana. | 14.4-14.5 | 8.7-9.6 | 1313 | 235 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Inalettabile | Varietà Introdotta in Italia nel 1907. Selezionato dal Todaro entro popolazione di Hatif Irreversable di Vilmorin. Molto poco soggetta all’allettamento, abbastanza resistente alla stretta e alle ruggini | 12.6-15.1 | 10.6-12.2 | 1270 | 207 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Ercoli et al., 2020 |
Khorasam, Khorasan | Grano antico. Originario del Khorasan, regione dell’Iran | 11.5-15 | 17 | 1261-3951 | 138-344 | Tarparelli, 2018 |
San Pastore | Cultivar derivante dall’incrocio Balilla x Villa Glori precedentemente denominato Bruno e iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà dal 1940, è nato nel 1929. |
9.4 | 7.8 | 789-2476 | 94-114 | Tarparelli, 2018; Marsili, 2017 |
Sieve | Varietà costituita nel 1960 da Gasperini. Adatta ad essere coltivata in sistemi agricoli a basso input. Alto rischio erosione genetica. | 10.9-16.3 | 9.8-9.9 | 1323-2160 | 193-800 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Dinelli et al., 2017; Consorzio agrario di Siena; Ercoli et al., 2020 |
Verna | Varietà costituita dal prof. Marino Gasparini e registrata nel 1953. Ibrido Est Mottin x Monte Calme 245 | 10.6-15.5 | 0.9 | 1552-1959 | 175-282 | Dinelli & Benedettelli, 2010; Sereni et al., 2017; Marsili, 2017; Consorzio agrario di Siena |
Ricerche condotte in modelli sperimentali o sull’uomo hanno rivelato un potenziale effetto benefico di determinati grani antichi su alcuni parametri cardio-metabolici ed infiammatori ed è stato anche ampiamente dimostrato che i grani moderni sono più pro-infiammatori di molte varietà tradizionali[9].
Un dato scientificamente acquisito è che le proteine del glutine delle varietà di frumenti antichi contengono meno «epitopi tossici»[10], sequenze aminoacidiche riconosciute dai linfociti delle persone affette da celiachia[11]. Una dieta a base di queste varietà di frumento può dunque aiutare nella prevenzione.
Un grano veramente antico, il T. monococcum, prima specie del genere Triticum domesticata circa 10mila anni fa, presenta un numero inferiore di peptidi immunogenici e una maggiore digeribilità in vitro rispetto al grano tenero esaploide [12] [23]. I grani moderni sono stati selezionati e ibridati geneticamente, oltre che per la taglia della pianta, per aumentare la forza del glutine e garantire una migliore lavorazione industriale delle farine. Questo processo ha modificato il glutine del frumento moderno, rispetto a quello tradizionale, facendo aumentare la produttività e i profitti delle aziende panificatrici. Questa modifica ha comportato un peggioramento qualitativo del frumento per quanto riguarda digeribilità e effetti sulla salute intestinale. I grani moderni hanno un tipo di glutine che è più infiammatorio e che determina più problemi di allergie e intolleranze verso il frumento.
Altri studi hanno suggerito che la dieta a base di grani antichi (farro monococco e farro dicocco) è in grado di ridurre marcatori legati allo sviluppo di resistenza all’insulina e al Diabete mellito di tipo 2 dimostrando il loro possibile ruolo nel miglioramento della sensibilità all’insulina probabilmente mediata dalla riduzione dello stress ossidativo e dall’attenuazione dell’infiammazione[13].
È stato anche dimostrato che i valori di 70 composti fenolici, tra cui cumarine, acidi fenolici, antociani, flavoni, isoflavoni, proantocianidine, stilbeni e lignani presenti nei grani duri antichi sono il doppio o più di quelli dei grani duri moderni fornendo valori nutraceutici assenti in questi ultimi[14]. In generale, gli studi scientifici confermano che le varietà di grano antico possono fornire un alimento più sano rispetto alle varietà moderne[15].
In un altro virulento comunicato stampa dell’Accademia Nazionale di Agricoltura[16], che purtroppo ha avuto vasta diffusione, si legge:
“Oggi le farine sono tutte registrate e controllate dal CREA, mentre i cosiddetti grani antichi, non sono iscritti a nessun registro e non hanno regole. Sono grani vecchi che non rispondono più alle esigenze nutritive e produttive di oggi, come si può pensare di nutrire il pianeta con grani non più attuali? E poi se compro una pagnotta di grano antico chi mi garantisce cosa c’è dentro e cosa mangio senza controlli? È stato dato valore a qualcosa che non ce l’ha”.
Anche questa affermazione contiene inesattezze se non vere e proprie falsità. L’accusa di non rientrare nel registro nazionale delle varietà riconosciute e autorizzate è del tutto priva di fondamento, infatti molti grani antichi, conservati in situ ed ex situ, dal 2017 sono iscritti al Registro nazionale delle varietà da conservazione secondo il DM 29 ottobre 2021[17] e le filiere sono tracciate e controllate a partire dal seme.
Nell’immagine la grafica aggiornata di alcune varietà di grani antichi italiani, duri e teneri, inseriti nel Registro nazionale delle varietà da conservazione, con i relativi “agricoltori custodi”, gli unici da cui si può ottenere una filiera tracciata e certificata. La Sicilia è la regione con più varietà registrate, sia per ragioni storiche che per la capacità di iniziare questo percorso prima degli altri (da Foodiverso[18]) |
Nello stesso comunicato si legge anche:
“Anche il messaggio della sostenibilità è falso perché i grani antichi sono decisamente meno produttivi di quelli odierni e perciò servirebbero molti più ettari di terreno da coltivare per avere un quantitativo accettabile. Lo stesso dicasi per la salubrità perché le piante, rispetto a quelle moderne, essendo il doppio di altezza sono maggiormente soggette alle micotossine, si allettano facilmente e sono anche più soggette all’assorbimento di metalli pesanti presenti nel terreno come il cadmio”.
A parte la generalizzazione anche questa affermazione è fortemente criticabile. Le produzioni industriali di varietà recenti, come il grano Manitoba proveniente dal Canada, e altri, sono produzioni non sostenibili e includono trattamenti in campo con il pesticida Glifosate, che inquina a sua volta l’ambiente e crea tossicità sia al terreno che nei confronti del consumatore finale. Le produzioni con grani ed ecotipi locali “antichi” non necessitano di trattamenti chimici in campo, perché sono basate su varietà di frumento che, essendo state selezionati in loco dagli stessi coltivatori, hanno molte più difese naturali.
Un’altra accusa ai grani “antichi” è di allettare facilmente. In realtà questo accade soprattutto quando le piante sono trattate con fertilizzanti di sintesi. I concimi di sintesi hanno meno nutrienti da dare alla pianta rispetto ai concimi naturali, e la pianta cresce debole e con poca resistenza meccanica. Le varietà moderne di frumento “a taglia nana”, ibridate per avere uno stelo più corto e maggiore robustezza contro l’allettamento, sono state selezionate per l’agricoltura convenzionale e non si adattano all’agricoltura BIO[19].
Queste varietà moderne hanno bisogno di molte più sostanze chimiche di sintesi in campo (fertilizzanti, pesticidi ecc.), per portare a termine una data produzione, rispetto alle piante tradizionali che con il nutrimento naturale producono meno in termini di quantità, ma sono più congrue in un discorso di sostenibilità[20].
I grani veramente “antichi” e gli ecotipi locali non hanno bisogno di diserbanti in quanto sono alti e tolgono il sole alle piante infestanti. L’altezza nelle prime fasi di crescita li mette al riparo dagli schizzi dell’acqua piovana, che può portare spore di muffe del terreno alla spiga. Quindi non hanno bisogno di antimicotici. È sufficiente seminare i semi derivati dal raccolto precedente e non serve usare il trattore fino alla mietitura riducendo le emissioni. Inoltre i grani veramente “antichi” e gli ecotipi locali non hanno bisogno di acqua, in quanto sono dotate di apparato radicale ben sviluppato e la possono trovare in profondità rispetto ai grani moderni.
La propaganda contro i “grani antichi” e le generalizzazioni ascientifiche, al netto dell’ambiguità di questa denominazione, favoriscono unicamente le multinazionali dell’agro-food business, delle sementi, dei pesticidi e dei fertilizzanti, che vogliono vedere agricoltori dipendenti dalle loro sementi, dai loro fertilizzanti e dai loro prodotti sintetici, tossici e naturalmente brevettati.
A favore di un’agricoltura sana per la popolazione e rispettosa dell’ambiente, considerando i frumenti una base alimentare fondamentale per la popolazione italiana European Consumers APS ha deciso di rispondere alla falsa scienza al servizio del mercato con una monografia di prossima pubblicazione sui grani antichi italiani per favorirne il consumo e la diffusione.
Riferimenti
[1] Si veda ad es.: Piccolo almanacco dei grani antichi. Ente terzo settore – Movimento difesa del Cittadino. https://www.mdcumbria.it/pdf/intervento4/almanacco_grani.pdf
[2] Rete Semi Rural. Gestione dinamica e partecipata di varietà e popolazioni. https://rsr.bio/gestione-dinamica-e-partecipata-di-varieta-e-popolazioni/
[3] I grani antichi sono migliori e adatti ai celiaci? I miti e le legende sfatati dall’Istituto Superiore di Sanità sul portale anti-fake news. https://ilfattoalimentare.it/grani-antichi-issalute.html; I grani antichi sono una bufala che truffa il consumatore. https://www.accademia-agricoltura.it/i-grani-antichi-sono-una-bufala-che-truffa-il-consumatore/
[4] Valkoun J., Waines J.G., Konopka J., 1998. Current geographical distribution and habitat of wild wheats and barley. In The Origins of Agriculture and Crop Domestication. Proceedings of the Harlan Symposium. Damania A.B., Valkoun J., Willcox G., Qualset, C.O. (eds), pp. 293–299. International Center for Agricultural Research in the Dry Areas (ICARDA), Syria; Luo, M.C., Yang, Z.L. and Dvorak, J. (2000) The Q locus of Iranian and European spelt wheat. Theor. Appl. Genet. 100: 602–606. https://pdf.usaid.gov/pdf_docs/pnacf852.pdf
[5] Matsuoka Y., 2011. Evolution of polyploid triticum wheats under cultivation: the role of domestication, natural hybridization and allopolyploid speciation in their diversification. Plant & cell physiology 52(5):750-64. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21317146/
[6] Matsuoka Y., 2011. Evolution of polyploid triticum wheats under cultivation: the role of domestication, natural hybridization and allopolyploid speciation in their diversification. Plant & cell physiology 52(5):750-64. https://academic.oup.com/pcp/article/52/5/750/1825619
[7] Grani “antichi” alternativa reale. Terra e vita n. 28-2018. http://www.granicoltura.it/manuale_riconos_grani_antichi_agg/TV28_2018_PAGG_50_53.pdf
[8] I grani antichi contengono meno glutine di quelli moderni? https://www.issalute.it/index.php/falsi-miti-e-bufale/l-alimentazione/969-i-grani-antichi-sono-piu-salutari-di-quelli-moderni-e-contengono-meno-glutine
[9] Dinu M. et al., 2018. Ancient wheat species and human health: biochemical and clinical implications. The Journal of nutrional biochemistry, 52:1–9. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0955286317300359?via%3Dihub; De Santis M.A. et al. 2017. Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy. European Journal of Agronomy, 87:19-29. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S116103011730045X
[10] van den Broeck H.C., de Jong H.C., Salentijn E.M., Dekking L., Bosch D., Hamer R.J., Gilissen L.J., van der Meer I.M., Smulders M.J., 2010. Presence of celiac disease epitopes in modern and old hexaploid wheat varieties: wheat breeding may have contributed to increased prevalence of celiac disease. Theor Appl Genet., 121(8):1527-39. doi:10.1007/s00122-010-1408-4. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20664999/
[11] Ventura A., Magazzù G., Greco L., 1999. Duration of exposure to gluten and risk for autoimmune disorders in patients with celiac disease. Gastroenterology. 117:297–303. https://www.gastrojournal.org/article/S0016-5085(99)00138-9/fulltext?referrer=https%3A%2F%2Fpubmed.ncbi.nlm.nih.gov%2F; Ivarsson A., Persson L.A., Nystrom L., Ascher H., Cavell B., Danielsson L., Dannaeus A., Lindberg T., Lindquist B., Stenhammar L., Hernell O., 2000. Epidemic of coeliac disease in Swedish children. Acta Paediatr 89:165–171. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1651-2227.2000.tb01210.x; Fasano A., 2006. Systemic autoimmune disorders in celiac disease. Curr Opin Gastroenterol., 22:674–679. https://www.researchgate.net/profile/Alessio-Fasano/publication/6743263_Systemic_autoimmune_disorder_in_celiac_disease/links/5a3051d60f7e9b0d50f8dd46/Systemic-autoimmune-disorder-in-celiac-disease.pdf
[12] Colombo F., Di Lorenzo C., Biella S., Bani C., Restani P., 2021. Ancient and Modern Cereals as Ingredients of the Gluten-Free Diet: Are They Safe Enough for Celiac Consumers? Foods, 10(4):906. https://doi.org/10.3390/foods10040906
[13] Abenavoli L., Milanovic M., Procopio A.C., Spampinato G., Maruca G., Perrino E.V., Mannino G.C., Fagoonee S., Luzza F., Musarella C.M., 2021. Ancient wheats: beneficial effects on insulin resistance. Minerva Med., 112(5):641-650. doi: 10.23736/S0026-4806.20.06873-1.
[14] Dinelli G., Segura-Carretero A., Di Silvestro R., Marotti I., Fu S., Benedettelli S., Ghiselli L., Fernández-Gutiérrez A., 2009. Determina-tion of phenolic compounds in modern and old varieties of durum wheat using liquid chromatography coupled with time-of-flight mass spectrometry. J. Chromatogr. A., 1216(43): 7229-7240. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19740468/
[15] Perrino, E. V. (2022). Ancient and modern grains: effects on human health: A first short review. Research Journal of Ecology and Environmental Sciences, 2(1), 21–25. https://www.scipublica-tions.com/journal/in-dex.php/rjees/article/view/225
[16] I grani antichi sono una bufala che truffa il consumatore. https://www.accademia-agricoltura.it/i-grani-antichi-sono-una-bufala-che-truffa-il-consumatore/
[17] DM 29 ottobre 2021 “Modalità operative inerenti la presentazione delle domande di iscrizione di varietà vegetali nei registri nazionali di specie agrarie ed ortive attraverso la procedura informatica del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)”. https://www.crea.gov.it/web/difesa-e-certificazione/-/iscrizione-al-registro-nazionale-di-nuove-variet%C3%A0
[18] Foodiverso. Grani (Antichi) d’Italia.
[19] Lammerts van Bueren E.T., Jones S.S., Tamm L., Murphy K.M., Myers J.R., Leifert C., Messmer M.M., 2011. The need to breed crop varieties suitable for organic farming, using wheat, tomato and broccoli as examples: A review, NJAS – Wageningen Journal of Life Sciences, 58(3–4):193-205. https://doi.org/10.1016/j.njas.2010.04.001. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S157352141000014X
[20] Si veda ad es Giovanni Dinelli, Professore ordinario di Agronomia Generale e coltivazioni erbacee e Direttore del Master “Produzioni Biologiche” presso l’Università di Bologna. Frumenti antichi per l’agricoltura biologica: progetto Virgo. https://www.youtube.com/watch?v=RkzYPUJu7es&t=925s
Riferimenti bibliografici
Ercoli L., Ciccolini V., Pellegrino E., 2020. Frumenti teneri toscani: caratteri nutrizionali e nutraceutici di varietà iscritte al repertorio originale. http://germoplasma.arsia.toscana.it/Germo_Img/14_1_1533031619.pdf
Consorzio agrario di Siena. I grani antichi. PIF “Filiera Frumento Verna”. Progetto “Grani Antichi Nuove tecniche di coltivazione.Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 16.2 “Sostegno a Progetti pilota e di cooperazione. https://www.capsi.it/wp-content/uploads/BOOKLET_GRAnt.pdf
Dinelli G., Benedettelli S., 2010. Miglioramento degli standard qualitativi delle produzioni dei seminativi. Accademia dei Georgofili. Situazione dei seminativi nel quadro dell’agricoltura italiana Firenze 18 Novembre 2010 Logge Uffizi Corti. https://www.georgofili.it/download/953.pdf
Marsili V., 2017. Valutazione dell’attività antiossidante di prodotti da forno addizionati con germogli di frumento. https://biodiversita.umbria.parco3a.org/wp-content/uploads/2020/04/Marsili_Parco-3A-17-novembre-2017.pdf
Sereni A., Cesari F., Gori A.M., Maggini N., Marcucci R., Casini A., Sofi F., 2017. Cardiovascular benefits from ancient grain bread consumption: findings from a double-blinded randomized crossover intervention trial. Int. J. Food Sci. Nutr. 2017, 68, 97–103. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27687519/
Tarparelli V., 2018. Almanacco dei Grani antichi. Movimento di Difesa del Cittadino. Umbria. https://www.mdcumbria.it/piccolo-almanacco-dei-grani-antichi/
ottimo lavoro
Vi ringrazio per la vostra preziosa e minuziosa ricerca. Dopo averla letta dovro’ togliere di sicuro dei prodotti alimentari che acquistavo spesso pensando fossero sani.
Sono una contadina di Bologna ed è dal 2016 che semino questi grani. Farro dicocco,Senatore Cappelli,Virgo (miscuglio Dinelli) Virgo a distanza di 8 anni è diventata una popolazione evolutiva. La soddisfazione più grande è proprio la NON necessità di intervenire con apporti chimici;dai diserbi,le concimazioni,i trattamenti agronomici (afidi,funghi…) Semini,strigli e trebbiatura. La difficoltà è attivare filiere locali che si riconoscano primo, in un obiettivo di remunerazione equa per tutti gli attori della filiera,secondo in tecniche di lavorazione adeguate,rispettose delle caratteristiche tecniche di queste farine.
Credo che sia necessario puntare,informare molto sulla salubrità del cibo in generale. È una questione etica prima che commerciale. Si va però in tutt’altra direzione a partire dalla concessione per altri 10 anni all’uso del glifosate senza il quale non si possono produrre questi grani nanizzati…le erbe spontenee li sovrasterebbero ( infatti i fiserbi ora sono due in pre e post semina.)
Queste nuove sementi costituiranno molto probabilmente un grande problema in campo (inquinamento con varietà non modificate ) ma soprattutto per l’autonomia alimentare delle popolazioni delegata unicamente a studi di laboratorio,marchi registrati,concentrazioni produttive e commerciali. Occorre divulgare il più possibile .
Buona giornata
CARLA