Tronchi e legna di risulta da pregressi disboscamenti fanno esondare i fiumi

Con i recenti eventi alluvionali nelle Marche e in Emilia-Romagna[1] è tornata in auge la discussione sulla pulizia e l’artificializzazione delle sponde fluviali. Le foto e i video diffusi mostrano tronchi e materiali di risulta che ostruiscono i ponti formando veri e propri tappi, anche nelle strettoie fluviali, favorendo fenomeni di straripamento, come nel caso, particolarmente diffuso mediaticamente, del fiume Lamone (si veda ad es. https://www.facebook.com/Laveritadininconanco/videos/enorme-diga-di-tronchi-a-boncellino-cos%C3%AC-%C3%A8-esondato-il-fiume-lamonelegname-e-det/1052294409286277/?rdid=Rieyg3x76oE26kx0).

Politici, una certa stampa e gli stessi cittadini hanno quindi percepito gli alberi come uno dei problemi causali delle inondazioni. In realtà gli stessi video e le stesse foto mostrano che si tratta quasi unicamente di tronchi puliti, privi di parti verdi e quindi riferibili a tagli boschivi lasciati in loco.

L’unica pulizia fluviale che ha senso è, in effetti, proprio la rimozione del legname secco in sezioni critiche come i ponti, che dovrebbero comunque essere costruiti abbastanza alti e con un’ unica campata, in modo da sopportare eventi estremi.

Gli alberi “vivi” rappresentano, invece, una difesa idraulica passiva in grado di rallentare la corrente idraulica.

European Consumers APS, in passato, ha già criticato lo stato di emergenza dichiarato dalla Delibera del Consiglio dei Ministri del 4 maggio 2023[2], che poneva la deroga a qualsiasi legislazione di tipo ambientale per favorire interventi sui corpi idrici, ricordando alle Autorità Competenti e al Governo italiano quanto segue, auspicando un intervento del Governo a favore della Gestione Ecosostenibile dei Corsi d’acqua, preservando nello stesso tempo biodiversità e sicurezza.

In particolare European Consumers ha richiesto il rispetto dell’articolo 9[3] e 41[4] della Costituzione e degli art. 3 ter[5] e quater[6] del Codice dell’ambiente (D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) per i punti relativi ai principi dello Sviluppo Sostenibile e della protezione prioritaria della biodiversità.

Si ricorda che l’Articolo 3 ter del Codice dell’ambiente prevede la tutela degli ecosistemi naturali da parte di tutti gli enti pubblici e privati, mentre l’art. 3 quater afferma che ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile. Tali principi sono stati immessi in Costituzione attraverso l’articolo 9, che tutela biodiversità ed ecosistemi insieme ai paesaggi e l’articolo 41 secondo cui, tra le altre cose, l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno all’ambiente e alla sicurezza umana.

Nonostante l’impianto legislativo in Italia i finanziamenti provenienti dallo Stato, dalle Regioni o dalla UE per la messa in sicurezza dalle alluvioni, non sono stati, infatti, utilizzati per interventi di reti di derivazione o creazione di riserve idriche e di tutela pedologica, idrologica e forestale, ma per disboscare, rialzare gli argini, alterare le sponde favorendo unicamente interessi economici locali e addirittura dragare in modo isterico i corsi d’acqua.

Nello stesso tempo le Regioni hanno continuato a permettere il diserbo chimico e il taglio dei boschi nelle aree a monte, anche su suoli facilmente erodibili, aggravando la situazione idro-geomorfologica a livello locale e regionale.

Per fini evidentemente speculativi ingenti fondi per la messa in sicurezza dei sistemi idraulici sono stati usati per distruggere e artificializzare i fiumi italiani, con opere dannose e distruttive[7], invece che per la riqualificazione ambientale e forestale delle fasce fluviali, la messa in sicurezza dei molti impianti idroelettrici vetusti e la costruzione di sistemi sostenibili di raccolta delle acque a monte delle zone esondabili, utili anche nei periodi di siccità.

L’unico modo sostenibile sia economicamente che ecologicamente di gestire i fiumi è favorirne quanto più possibile la naturalizzazione delle sponde e delle aree golenali, essendo le foreste ripariali e il rispetto degli ambiti di esondazione l’unico metodo efficace dal punto di vista ecologico per la stabilizzazione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua.

Al contrario dell’artificializzazione, promossa dalle autorità pubbliche e private e accettata per mancanza di adeguata informazione da tanti cittadini, è necessario promuovere opere di rinaturalizzazione e di restauro ambientale dei corsi d’acqua degradati o cementificati.

Le “emergenze” idrologiche sono favorite dall’irrazionale gestione dei bacini di raccolta, tenuti alti per motivi idroelettrici e quindi strettamente economici. Eloquenti esempi sono i casi della diga di Ridracoli[8] e degli invasi ENEL della Piana Reatina[9], in entrambi i casi considerati concause di eventi alluvionali.

I corsi d’acqua in buone condizioni ecologiche sono “corridoi ecologici” e depuratori naturali dell’acqua, ad altissima efficienza in particolare quando le sponde o le acque stesse sono significativamente vegetate. La vegetazione, spondale e sommersa, contribuisce all’assorbimento di sostanze tossiche (come i pesticidi di origine agricola e i metaboliti dei medicinali sintetici) sversati nei corsi d’acqua.

La lettiera e l’humus intrappolano gli inquinanti dilavati dalla pioggia impedendo che vadano a inquinare l’acqua; molti inquinanti vengono scomposti in sostanze innocue ed altri disattivati dal punto di vista tossicologico.

La vegetazione fluviale contribuisce a mitigare i fenomeni climatici, inducendo movimenti d’aria, brezze e umidificazione, contrastando efficacemente le ondate di calore estivo. La traspirazione e l’ombreggiamento degli alberi rinfresca l’ambiente fluviale favorendo acque ossigenate e ricche di vita, mentre il riscaldamento dovuto all’eccessiva insolazione, soprattutto per i fiumi di bassa portata o a carattere torrentizio, porta la vita fluviale alla morte per carenza di ossigeno disciolto.

Un effetto positivo lo hanno i boschi a monte del bacino idrografico, in grado di intrappolare grandi quantità di acqua e rilasciarle gradualmente trattenendo nello stesso tempo il suolo. In relazione alle condizioni erosive si deve pensare a boschi di conservazione idrogeologica, ove il taglio sia proibito o fortemente limitato per favorire al massimo i servizi ecosistemici di controllo del ciclo dell’acqua.

La naturalità delle sponde riparie favorisce la biodiversità offrendo nicchie ad animali spesso in via di estinzione, proprio a causa dell’artificializzazione e distruzione degli habitat ripariali. La vegetazione offre luoghi di sosta, rifugio, riproduzione e alimentazione una moltitudine di specie di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi e insetti come le libellule e gli impollinatori.

La vegetazione fluviale quando è integra, continua e di adeguato spessore è in grado di evitare le frane delle sponde e degli argini, che a loro volta aumentano il carico torbido dell’acqua favorendo l’intasamento delle foci e dei tratti a valle. È in grado di rallentare e trattenere l’acqua e mitigare le piene, favorendo l’infiltrazione laterale, alimentando la falda, riducendo la velocità delle acque è favorendo l’infiltrazione nel sottosuolo.

Oltre a stabilizzare le sponde e, nel periodo vegetativo, assorbire elevate quantità d’acqua, i boschi ripariali sono habitat di interesse comunitario e dovrebbe essere cura e vanto delle amministrazioni e comunità locali considerarli elementi di pregio, fondamentali per la creazione di reti ecologiche efficienti e per la lotta all’erosione delle sponde che contribuisce notevolmente all’intensificazione dei fenomeni alluvionali.

A livello UE, considerando anche proprio la diffusa artificializzazione dei corsi d’acqua, la vegetazione ripariale è potenzialmente soggetta a tutela. Nella Direttiva 92/43/Habitat[10] sono infatti elencate numerose categorie di vegetazione fluviale e golenale presenti in Italia spesso in modo residuale a causa della scriteriata gestione degli ambiti umidi:

  • 3220 Fiumi alpini e loro vegetazione riparia erbacea
  • 3250 Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum
  • 3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p. e Bidention p.p.;
  • 3280 Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba
  • 3290 Fiumi mediterranei a flusso intermittente con il Paspalo-Agrostidion
  • 3230 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Myricaria germanica
  • 3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix elaeagnos
  • 91EO Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) – Prioritario
  • 91F0 Foreste miste riparie di grandi fiumi a Quercus robur, Ulmus laevis e Ulmus minor, Fraxinus excelsior o Fraxinus angustifolia (Ulmenion minoris)
  • 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba
  • 92D0 Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae)
  • 92C0 Foreste di Platanus orientalis e Liquidambar orientalis (Platanion orientalis)

Solo una piccola percentuale di questi contesti è difesa adeguatamente. Interventi distruttivi sono spesso effettuati anche nelle Zone Speciali di conservazione ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli, nei parchi nazionali e regionali e nelle Riserve Naturali[11]. La maggior parte di essi sono in condizione sfavorevole o inadeguata per la loro conservazione[12].

A fronte del nuovo paradigma di protezione della Biodiversità sono stati proposti, in occasione dell’alluvione di Emilia Romagna, obsoleti e distruttivi interventi quali il dragaggio operazione criticata dalla stessa protezione civile[13], oltre alla già descritta pulizia della vegetazione.

Dragare i fiume è dannoso perché si rischia di aumentare l’erosione e accrescere il pericolo idraulico. Un concetto condiviso da tutto il mondo scientifico. Asportare i sedimenti altera l’equilibrio fluviale e compromette la stabilità di opere longitudinali lungo le sponde (es. argini) e opere di attraversamento come i ponti[14].

Gli eventi alluvionali si risolvono dissipando l’energia dell’acqua e per questo è fondamentale il rispetto dei boschi igrofili ripariali che hanno anche la capacità di contenere le acque in eccesso. Nello stesso tempo per mitigare la violenza delle piene è necessario il rispetto delle aree di espansione naturali dei fiumi oltre che l’identificazione di aree esondabili a monte per ridurre l’afflusso idrico verso valle.

Ricordiamo che gli argini artificiali, più che contenere le alluvioni, favoriscono il degrado degli ambienti fluviali e limitrofi disconnettendo la continuità territoriale per proteggere strutture e attività antropiche fuori posto. I dissesti e le alluvioni sono conseguenza della regimentazione dei corsi d’acqua che cancella gran parte del sistema biologico e degli equilibri degli ecosistemi fluviali. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione[15].

L’utilizzo di macchinari per distruggere la vegetazione spondale e acquatica comporta l’amminutamento dei rifiuti e dei materiali plastici, abbandonati lungo le rive in notevoli quantità, amplificando l’impatto negativo sulla qualità ambientale degli ecosistemi.

Queste operazioni condannano, inoltre, l’ecosistema fiume alla banalizzazione, sono condotte con macchinari altamente invasivi quali escavatori pesanti, e sono condotte in maniera ripetuta e generalizzata anche nel pieno della stagione riproduttiva della fauna selvatica.

Il risultato è un aumento del degrado e del rischio come accade inevitabilmente quando l’uomo compete con la Natura invece di comprenderla e accettare i limiti che essa impone a livello di gestione ecosostenibile, l’unica che riteniamo ammissibile.

Nel caso della recente alluvione in Emilia Romagna quasi tutte le zone inondate (si vedano figure seguenti) erano individuate come a rischio elevato proprio a causa della loro natura artificiale, dovuta a ingenti opere di bonifica e arginatura dei fiumi. Zone dove si è abbondantemente edificato per anni anche zone industriali ignorando anche i dati storici.

Il rischio idraulico è inoltre aggravato dal taglio dei boschi a monte, in particolari su suoli facilmente erodibili e a forte pendenza, e dall’uso di diserbanti chimici nelle aree agricole. Entrambi le tipologie di interventi aggravano le condizioni ambientali dell’intero bacino idrico e dovrebbe essere impegno costante delle Autorità preposte controllarle adeguatamente. Proprio a causa delle ripetute alluvioni della città di Bari, con regio decreto del 30 dicembre 1926 n. 3287, si decise l’esproprio di numerose aree a monte da destinarsi ad area boschiva, tra cui la tenuta Mercadante. Successivamente all’impianto del bosco non avvennero più alluvioni a Bari.

Fondamentale nella mitigazione del rischio idraulico è il restauro di aree fluviali degradate per riportarle alla naturalità, eseguendo lavori mirati di ricostruzione del fiume ed eliminando i rifiuti e gli interventi invasivi di origine antropica. Ogni intervento dovrebbe tendenzialmente rispettare rigorosamente la naturalità del fiume. Hanno effetti positivi anche le riforestazioni a monte. Si ricorda a questo proposito il caso della Foresta Mercadante.

European Consumers APS ritiene che il Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico e i piani di gestione del rischio di alluvioni (PGRA), come tutti i piani che hanno un potenziale impatto ambientale, devono essere sottoposti integralmente a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) Nazionale per garantire (art. 4 comma 4 Parte II Titolo I del D.Lgs. 152/2006[16]) un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali nelle varie fasi di elaborazione, adozione e approvazione dei Piani stessi, in modo che siano coerenti a livello nazionale e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

Anche la Direttiva 2007/60/CE[17] “Alluvioni” prevede il coinvolgimento pubblico, attraverso idonei strumenti di informazione e consultazione. Il percorso individuato si svolge all’interno di un ciclo di gestione, che si rinnova attraverso un processo iterativo con periodicità pari a 6 anni, e che deve prevedere il coinvolgimento pubblico, attraverso idonei strumenti di informazione e consultazione.

Altresì è doveroso evitare qualsiasi uso improprio delle aree golenali. Spesso i peggiori danni ambientali sono stati perpetrati proprio per mettere in sicurezza infrastrutture e aree produttive costruite in modo irrazionale in zone di esondazione da lasciare, per quanto possibile, in condizioni naturali e prossimo-naturali.

A questo proposito la Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico ha affermato che “ nell’ambito del sistema di pre-contenzioso comunitario la Commissione europea ha più volte posta l’attenzione sulla modalità di realizzazione di interventi realizzati in regime di “somma urgenza”, in deroga alla disposizione dell’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della Direttiva 92/43/CEE, ricordando che alcuni casi di pre-contenzioso aperti in passato si sono conclusi a seguito di interventi di rinaturalizzazione degli habitat degradati dei siti Natura 2000.

Pertanto, al fine di prevenire l’apertura di procedure di infrazione, sarebbe quanto mai opportuno, mediante una valutazione caso per caso, assicurare, nella fase di progettazione e realizzazione degli interventi, anche in situazioni emergenziali, il perseguimento di entrambi gli interessi in gioco, ovvero quelli della primaria sicurezza pubblica e quelli della tutela dei valori naturalistico-ambientali presenti nelle aree di intervento.

La Strategia Nazionale per la Biodiversità (2010) afferma come obiettivi specifici da conseguire entro il 2020 (e quindi miseramente falliti):

  • proteggere e preservare gli ecosistemi delle acque interne a scala di bacino idrografico, contrastandone il degrado e la perdita di biodiversità e, laddove possibile, promuoverne il ripristino, per garantirne vitalità e funzionalità e la produzione dei servizi ecosistemici che da essi derivano, principalmente per l’alimentazione e il rifornimento idrico ma anche per la loro capacità di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici;
  • garantire l’integrazione delle esigenze di conservazione della biodiversità degli ecosistemi delle acque interne e dei relativi servizi ecosistemici nelle politiche economiche e di settore, rafforzando la comprensione dei benefici derivanti e dei costi della loro perdita;
  • migliorare la conoscenza dello stato complessivo dei sistemi acquatici, per comprendere gli effetti degli impatti derivanti dalle attività umane e dai cambiamenti climatici sui sistemi fisici e sui processi biologici ad essi associati;
  • contenere la pressione antropica sulle acque interne esercitata dalla domanda turistica anche attraverso la diversificazione della stagionalità e delle modalità di fruizione.

Sulla base dell’analisi delle principali minacce alla Biodiversità delle acque interne e degli obiettivi di questa area di lavoro, la Strategia Nazionale per la Biodiversità identifica le seguenti priorità d’intervento del tutto in contraddizione con l’artificializzazione dei corsi d’acqua:

  • favorire la rinaturalizzazione delle aree golenali e il mantenimento di quelle in condizioni naturali e prossimo-naturali in accordo con la Strategia sulla biodiversità per il 2030[18] che prevede espressamente l’eliminazione delle barriere e il ripristino dei fiumi a corso libero e con sponde vegetate [19];
  • assicurare entro il raggiungimento e il mantenimento dello stato ecologico “buono” per i corpi idrici superficiali e sotterranei o, se già esistente, dello stato di qualità “elevato”, secondo la Direttiva Quadro sulle Acque (WFD) 2000/60/CE e la normativa nazionale di recepimento;
  • assicurare la piena operatività dei Piani di Bacino Distrettuali e dei Piani di tutela delle acque;
  • Garantire la tutela per quanto possibile integrale di tutti gli habitat fluviali individuati nell’allegato 2 della Direttiva 92/43/CEE.
  • rafforzare la tutela degli ecosistemi acquatici, sviluppando le opportune sinergie tra quanto previsto dalla WFD e dalle Direttive Habitat e Uccelli, come suggerito dal Piano congiunto tra CBD e Ramsar (River Basin Initiative ) e come attualmente in corso di approfondimento nell’ambito della Strategia comune di attuazione della WFD;
  • ridurre in modo sostanziale gli impatti sugli ecosistemi acquatici diminuendo l’incidenza delle fonti di inquinamento puntuali (reflui urbani, reflui di impianti industriali e di trattamento rifiuti) e diffuse (nutrienti e pesticidi) e gli effetti dell’inquinamento atmosferico;
  • potenziare l’attività conoscitiva in materia di tutela delle acque, attraverso l’ottimizzazione delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometriche e freatimetriche, non solo per la gestione del rischio idrogeologico, idraulico e di siccità, ma anche per valutare la disponibilità della risorsa idrica superficiale e sotterranea; l’attività conoscitiva va estesa anche alle pressioni sulle risorse (es. prelievi, restituzioni, ecc.) al fine della stima del bilancio idrico;
  • razionalizzare l’uso delle risorse idriche, attraverso la regolamentazione delle attività e delle procedure in ordine al regime concessorio del bene acqua e il controllo delle captazioni illecite e delle dispersioni dovute al malfunzionamento della rete di distribuzione, valutando, sulla base di un’analisi costi/benefici, la risorsa che, a scala di bacino, può essere utilizzata senza compromettere i servizi ecosistemici;
  • sostenere azioni finalizzate a migliorare l’efficienza di utilizzo delle risorse idriche per le attività produttive e il riutilizzo dei reflui depurati per gli usi compatibili in tutti i settori, promuovendo il risparmio idrico e progetti finalizzati alla definizione delle migliori pratiche tecnologiche per il trattamento delle acque potabili e per l’abbattimento degli inquinanti naturali sovrabbondanti;
  • ridurre gli interventi di regimazione ed alterazione dell’idromorfologia dei corsi d’acqua, ripristinando il più possibile le connessioni dei corpi idrici e dei relativi ecosistemi, al fine di favorire le specie ittiche migratrici e le specie che utilizzano i corpi idrici e gli habitat associati per i loro spostamenti abituali;
  • promuovere le attività di informazione sul valore della risorsa idrica, sul diritto di accesso e sulla necessità del risparmio idrico;
  • promuovere la conservazione di corpi idrici di alto pregio, attraverso il recupero di zone umide, il ripristino di fiumi a meandri, e il mantenimento di corpi idrici seminaturali;
  • promuovere la corretta programmazione degli interventi irrigui, privilegiando le produzioni tipiche mediterranee;
  • applicare il divieto d’introduzione di specie aliene invasive nei corpi idrici (ad esempio per interventi di ripopolamento per scopi alieutici);
  • promuovere unicamente attività economiche che prevedano la corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse ittiche.

La sola politica realmente scientifica per i corsi d’acqua deve quindi:

  • riportare la gestione su un corretto piano tecnico-scientifico per garantire sia la tutela degli ecosistemi che una corretta gestione naturalistica del rischio di alluvioni;
  • realizzare studi sulla vulnerabilità ecologica e faunistica del reticolo;
  • coinvolgere in tutte le fasi professionalità e competenze in campo naturalistico ed ecologico (geomorfologiche, botaniche, forestali, ecologiche, faunistiche, ornitologiche, oltre che ingegneristiche);
  • obbligare al rispetto della “finestra” temporale di stop agli sfalci e a qualsiasi tipo di taglio, durante la nidificazione degli uccelli e la riproduzione della “fauna minore”;
  • organizzare corsi di formazione obbligatori per il personale tecnico e operativo, che prevedano materie naturalistiche ed ecologiche;
  • investire risorse per ripulire i fiumi dai veri rifiuti, ovvero quelli di origine antropica;
  • prevedere in via ordinaria l’allargamento delle fasce alberate, sia per motivazioni di riqualificazione ecologica sia per adeguarle ai mutamenti dei regimi di piovosità indotti dai cambiamenti climatici;
  • garantire l’uso sostenibile dei sistemi idrici (acqua, sedimenti, biota), attraverso una pianificazione integrata che preveda l’armonizzazione delle attività antropiche alla loro riqualificazione ecologica.
  • impedire l’uso di diserbanti, sostituendoli con metodologie quali lo sfalcio e la pacciamatura

 

Si ricorda che l’Articolo 3 ter del Codice dell’ambiente prevede la tutela degli ecosistemi naturali da parte di tutti gli enti pubblici e privati, mentre l’art. 3 quater afferma che ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile. Tali principi sono stati immessi in costituzione attraverso l’articolo 9 che tutela biodiversità ed ecosistemi insieme ai paesaggi.

European Consumers APS intende partecipare, in sinergia con associazioni ambientaliste, ricercatori scientifici, gruppi di cittadini ed altre organizzazioni all’organizzazione di campagne di sensibilizzazione per chiedere agli enti gestori l’applicazione rigorosa di modelli gestionali eco-sostenibili e rispettosi per l’ambiente di fatto previsti da Convenzioni, Strategie e normative nazionali e internazionali.

Tutti gli enti gestori che si ostineranno ad applicare forme obsolete di gestione fluviale saranno individuati e posti alla pubblica attenzione. Ove possibile European Consumers intraprenderà anche azione legali contro chiunque, amministratore o privato, non intenda impegnarsi per la tutela della biodiversità dei corsi d’acqua favorendo il degrado ambientale e danni a cose e persone.

Non esiste in Italia, infatti, una vera emergenza climatica, ma soprattutto un’emergenza antropica dovuta all’eccessiva artificializzazione del territorio, in contrasto con le tendenze naturali e alla corruzione o incapacità degli Organi di Governo Fluviale.

Riferimenti

[1] Romagna e Marche rivivono l’incubo dell’alluvione: fiumi esondati, allagamenti e case sott’acqua. https://www.today.it/diretta/maltempo-emilia-romagna-oggi-19-settembre-2024.html

[2] Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle avverse condizioni meteorologiche che, a partire dal giorno 1° maggio 2023, hanno colpito il territorio delle Province di Reggio-Emilia, di Modena, di Bologna, di Ferrara, di Ravenna e di Forli-Cesena. (23A03033) (GU Serie Generale n.118 del 22-05-2023). https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/05/22/23A03033/sg

[3] Costituzione della Repubblica Italiana. Articolo 9. https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/principi-fondamentali/articolo-9

[4] Costituzione della Repubblica Italiana. Articolo 41. https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/parte-i/titolo-iii/articolo-41

[5] Dispositivo dell’art. 3 ter Codice dell’ambiente. https://www.brocardi.it/codice-dell-ambiente/parte-prima/art3ter.html?utm_source=internal&utm_medium=link&utm_campaign=articolo&utm_content=nav_art_succ_dispositivo

[6] Dispositivo dell’art. 3 quater Codice dell’ambiente. https://www.brocardi.it/codice-dell-ambiente/parte-prima/art3quater.html?utm_source=internal&utm_medium=link&utm_campaign=articolo&utm_content=nav_art_succ_dispositivo

[7] Si veda ad es. https://www.europeanconsumers.it/2019/07/06/comunicato-stampa-soldi-per-il-fiume-velino-per-salvarlo-o-per-distruggerlo/

[8] Ridracoli nel mirino, ma la diga mitiga alluvioni e siccità. https://www.ilsole24ore.com/art/ridracoli-mirino-ma-diga-mitiga-alluvioni-e-siccita-AEIMx1QD?refresh_ce=1

[9] Alluvione Piana Reatina: chiesto consiglio comunale straordinario. https://www.sabiniatv.it/alluvione-piana-reatina-chiesto-consiglio-comunale-straordinario/

[10] Direttiva ‘Habitat’. https://www.mase.gov.it/pagina/direttiva-habitat

[11] Si veda ad es.: Comunicato Stampa: soldi per il fiume Velino: per salvarlo o per distruggerlo? https://www.europeanconsumers.it/2019/07/06/comunicato-stampa-soldi-per-il-fiume-velino-per-salvarlo-o-per-distruggerlo/; European Consumers lancia l’allarme per un aumento del rischio di esondazione del Velino a causa dell’artificializzazione delle sponde. https://www.europeanconsumers.it/2019/08/28/european-consumers-lancia-lallarme-per-un-aumento-del-rischio-di-esondazione-del-velino-a-causa-dellartificializzazione-delle-sponde/; Desertificazione del Fiume Velino in piena area protetta. https://www.europeanconsumers.it/2022/03/07/desertificazione-del-fiume-velino-in-piena-area-protetta/; I rally automobilistici: minaccia per le aree protette con l’appoggio di Comuni e Regione Veneto. https://www.europeanconsumers.it/2022/02/26/i-rally-automobilistici-minaccia-per-i-siti-di-importanza-comunitaria-con-lappoggio-di-comuni-e-regione-veneto/

[12] Si veda a tal proposito: Ercole S., Angelini P., Carnevali L., Casella L., Giacanelli V., Grignetti A., La Mesa G., Nardelli R., Serra L., Stoch F., Tunesi L., Genovesi P. (ed.), 2021. Rapporti Direttive Natura (2013-2018). Sintesi dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario e delle azioni di contrasto alle specie esotiche di rilevanza unionale in Italia. ISPRA, Serie Rapporti 349/2021. https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporti-direttive-natura-2013-2018

[13] Il dragaggio dei fiumi non è la soluzione contro le alluvioni. https://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/attualita/il-dragaggio-dei-fiumi-non-la-soluzione-contro-le-alluvioni

[14] Lasciamo in pace i nostri fiumi! Abbiamo bisogno di interventi conservativi, restauro naturalistico e consumo di suolo zero. http://www.conalpa.it/lasciamo-in-pace-i-nostri-fiumi-abbiamo-bisogno-di-interventi-conservativi-restauro-naturalistico-e-consumo-di-suolo-zero/

[15] Si veda a proposito l’intervista all’idrobiologa Piera Lisa Di Felice, vicepresidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio: http://www.conalpa.it/lidrobiologa-di-felice-rispettare-i-fiumi-per-evitare-disastri/

[16] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale. GU Serie Generale n.88 del 14-04-2006 – Suppl. Ordinario n. 96. https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglio/codici/materiaAmbientale

[17] Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2007:288:0027:0034:IT:PDF

[18] Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. Riportare la natura nella nostra vita. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020DC0380&from=EN

[19] Strategia sulla biodiversità per il 2030. Eliminazione delle barriere per il ripristino dei fiumi. https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/0146a7ba-2f20-11ed-975d-01aa75ed71a1

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