La deriva dei pesticidi

La deriva dei pesticidi

Sommario

Il fenomeno della diffusione dei pesticidi in atmosfera si chiama tecnicamente ‘deriva’. Esiste una modesta bibliografia che affronti questo fenomeno con un approccio complesso, dato che è stato sviluppato solo lo studio della deriva degli agrochimici al momento in cui vengono applicati generando quello che si definisce Deriva Primaria. Questo lavoro procede ad un approccio ad ampio raggio riguardo i movimenti dei pesticidi in atmosfera partendo da considerazioni che investono gli effetti climatici e fisiochimici in tempi successivi all’applicazione.

Le evidenze di tali movimenti ci offrono elementi sufficienti per concludere che le applicazioni di pesticidi sono incontrollabili, rendendo impossibile la prevenzione dalla contaminazione rispetto all’ambiente e alle popolazioni esposte nel tempo alle aspersioni.

 

Introduzione

Dal momento che i pesticidi fin dalla metà del XX secolo hanno fatto parte delle strategie produttive diventando strumento di uso quotidiano da parte dei produttori e dei lavoratori agricoli e malgrado abbiano consentito un aumento dei rendimenti produttivi e la qualità esteriore o ‘formale’ del prodotto, hanno generato notevoli effetti dannosi: contaminazione di corsi d’acqua e suolo, scomparsa di specie animali e vegetali e intossicazioni negli esseri umani (Souza Casadinho, 2013). È abbondante la bibliografia scientifica che evidenzia la relazione tra agrochimici e il deterioramento della salute delle popolazioni esposte (Ntzani y col., 2010). Vengono prodotti anche lavori scientifici sui meccanismi per i quali questi composti favoriscono malattie tra le specie sperimentali (Paganelli e col., 2010). Ma non sono comuni le informazioni tecniche sui meccanismi che spiegano in che modo questi pesticidi arrivano alle popolazioni. Gli studi sulla deriva considerano solo le possibilità di movimento dei pesticidi al momento dell’applicazione, senza approfondire ciò che succede con le molecole polverizzate generate dall’aspersione.

Prendendo in considerazione la deriva limitatamente al momento dell’applicazione, i tecnici specializzati raccomandano una serie di provvedimenti considerando variabili climatiche e tecnologiche allo scopo di minimizzare questo fenomeno indesiderato (Brambilla, sf).

Il problema del controllo dei pesticidi nell’ambiente è al centro del dibattito sulle normative che garantiscano i diritti costituzionali del vivere in un ambiente sano, adatto ed equilibrato (Costituzione Nazionale Argentina, Art. 41). Un aggravante in questa tematica è l’aumento geometrico nei volumi di agrochimici diffusi nell’ambiente della Repubblica Argentina, come corollario di un modello agro produttivo basato sulle monocolture di semi transgenici e additivi chimici.

Recentemente CASAFE (Camera di Sanità Agricola e Fertilizzanti della Repubblica Argentina) ha pubblicato delle informazioni sulla evoluzione del mercato argentino: il consumo dei pesticidi è aumentato dell’858% negli ultimi 22 anni, mentre la superficie coltivata ha subito un incremento del 50% e il rendimento delle coltivazioni è aumentato solo del 30%. In Argentina esiste un grosso giro d’affari per l’industria mondiale di veleni (capeggiata da Monsanto e Bayer) e si genera, così, un problema per la salute collettiva (Red de Médicos dePueblos Fumigados de Argentina, 2013).

 

Componente Aria

Tra le matrici ambientali studiate riguardo agli effetti dei pesticidi (carico dei contaminanti, mobilità e degradazione degli stessi, danno alle specie) l’aria è forse la meno indagata a causa delle difficoltà tecniche richieste dal monitoraggio delle molecole di pesticida che vi sono contenute.

Questo compito richiede sforzi tecnici e disegni di campionamento più complessi rispetto al resto delle matrici ambientali (suolo, acqua). Anche così, l’aria è l’elemento naturale principale attraverso il quale si disperdono i pesticidi negli ambienti circostanti ai campi irrorati (Hang, 2010),  portandoli a coprire percorsi tanto lontani quanto quelli consentiti dai movimenti dell’atmosfera nel pianeta (Jacob, 1999). I pesticidi possono essere introdotti in atmosfera in seguito alla deriva della polverizzazione, la volatilizzazione e l’erosione causata dal vento su particelle di suolo da cui sono assorbiti.

In atmosfera i pesticidi sono distribuiti tra le particelle e le fasi del vapore basato sulla pressione del vapore del prodotto chimico, la temperatura ambientale e le concentrazioni di particelle in sospensione (Chang, 2011).

In un lavoro precedente abbiamo concluso con la necessità di inserire le attività agricole – oltre all’uso di pesticidi – durante il processo di Valutazione di Impatto Ambientale, a causa della vasta bibliografia comprovante come sia possibile modificare o alterare la composizione dell’ambiente durante lo sviluppo delle parti che lo compongono, fatto che genera un impatto da qualificare e/o quantificare in base ad ogni caso particolare. Nel caso specifico della qualità dell’aria, questa alterazione richiede la necessità di predire ed identificare tali impatti al fine di stabilire i procedimenti operativi di controllo, mitigazione e prevenzione, che dovrebbero essere dettagliati nello studio tecnico che si incorporerebbe al procedimento di valutazione di impatto ambientale (Tomasoni, M., Actis., R.; 2013).

 

Cosa è la deriva

In base alla norma ASAE S-572, si denomina deriva lo spostamento dell’aspersione (di un pesticida) oltre l’obiettivo, determinato dalla capacità di trasporto di masse d’aria o dalla mancanza di aderenza (American Society of Agricultural Engineers, 2004). Da parte sua, la National Coalition on Drift Minimization (Coalizione Nazionale sulla Minimizzazione della Deriva, 1997), definisce deriva il movimento delle particelle polverizzate e dei vapori oltre l’obiettivo, provocando minore capacità di controllo e possibile danno alla vegetazione suscettibile, alla vita silvestre e alle persone. Quando si parla di deriva, in genere, la si associa all’effetto generato normalmente dal vento ma in realtà esistono altri tipi di deriva meno visibili originati da umidità relativa e temperatura ambientale.

Tutti questi fattori sommati alla dimensione delle gocce asperse, hanno molto a che vedere con l’aumento o la diminuzione della deriva (Ethienot, 2010). La frazione di una applicazione che possa derivare raggiunge valori che arrivano fino al 90% del prodotto lanciato su di un campo coltivato (Hang, 2010). Le condizioni sfavorevoli al momento dell’applicazione non sono l’unica causa di questa deriva, lo sono anche le condizioni climatiche che possono verificarsi successivamente all’aspersione.

Così la gamma di temperature ambientali superiori ai 25°C, con umidità relativa tra il 60% e l’80%, velocità del vento tra i 5 e i 12 km/h, condizioni atmosferiche in stato di inversione termica, forte radiazione solare, sono alcuni dei parametri ambientali che aumentano la deriva di pesticidi (Leiva, 2007).

Secondo i dati della bibliografia straniera (Law, SE. 1983) in applicazioni post-emergenti, solo il 25% del volume totale asperso arriva alle piante. Ciò sta ad indicare che ¾ della dose totale calcolata si disperde a causa della deriva. Riguardo a questo aspetto dobbiamo considerare quello che cade fuori dal lotto di terreno che è oggetto del trattamento fitosanitario (esoderiva) e quello che cade all’interno del lotto, ma non sui parassiti (endoderiva) (Leiva, 1995). Cavallo (2006) stima che approssimativamente solo un 25% della polverizzazione di pesticidi colpisce nel segno; il resto colpisce direttamente gli altri organismi, anche quelli verso i quali l’aspersione non era diretta. Secondo studi pubblicati in Brasile, circa il 32% (dei pesticidi polverizzati) vengono ritenuti dalla piante bersaglio; 49% arrivano al suolo, 19% si diffonde nell’aria e il resto nelle aree vicine. In questo modo, le aspersioni colpiscono le coltivazioni vicine e le zone abitate (Chaim, 2004 – EMBRAPA). Parlando nello specifico del Glifosato, l’agrochimico maggiormente usato in Argentina sulle coltivazioni di soia transgenica, Nivia (1999) in Colombia, descrive come nelle applicazioni da terra, una quantità tra il 14% e il 78% di questo composto applicato esce dal sito descrivendo la morte delle piante a più di 40 metri e se ne incontrano residui fino a 400 metri da una applicazione da terra. Nelle applicazioni realizzate con l’elicottero descrive come la perdita del glifosato spruzzato fuori dal sito oscillano tra il 41 e l’82%, e lo si trova a distanze superiori agli 800 metri dal punto di applicazione. Una situazione che si aggrava con gli aerei, come dimostra uno studio californiano dove si incontrano residui a 800 metri dal punto di applicazione, la maggiore distanza studiata (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

La Prof.ssa Dott. (Msc.) Ing. Agr. Susana Hang (Facoltà di Agronomia, UNC) nella rivista del Collegio degli Ingegneri Agronomi della provincia di Córdoba dell’ottobre 2010, dice:”Nel caso particolare degli erbicidi, è dimostrato che l’efficienza d’uso è inferiore al 20%, vale a dire che buona parte del prodotto non assolve la funzione specifica nemmeno quando l’applicazione viene realizzata nel modo adeguato”. Mentre in un contesto successivo alla pubblicazione chiarisce che il restante 20% può volatilizzarsi (tra lo 0 e il 90%), essere assorbito dal suolo (1-10%), scivolare (1-5%) o esssere trascinato via dall’erosione (0-5%).

 

Figura 1: Principali modi in cui un agrochimico può diventare un inquinante ambientale (Martini, P. 2008). Tomado de Hang (2010).

Fattori che condizionano la deriva

Prima di descrivere i tipi di deriva che si possono succedere in termine di attimi al momento dell’applicazione di agrochimici sulle coltivazioni, affronteremo i distinti fattori che condizionano la generazione e la propagazione delle derive di pesticidi. Etiennot (2010) citando Gil Moya (2003), dice che esistono tre gruppi di fattori di base che condizionano la deriva:

  • Fattori climatici
  • Fattori fisici e chimici del prodotto applicato
  • Fattori tecnologici relazionati alle tecniche di applicazione

In seguito svilupperemo questi fattori per una migliore comprensione dei fenomeni di deriva di pesticidi.

Fattori Climatici

Elementi e processi naturali condizionano sia la quantità di pesticidi nell’aria che i suoi movimenti in atmosfera. Essi sono:

a) Velocità e direzione del vento

Il fattore climatico maggiormente relazionato alla deriva dei pesticidi è il vento, in quanto movimento dell’aria. I manuali di applicazione raccomandano di evitare le aspersioni in presenza di vento diretto a luoghi abitati (FAO, 2002). Le raccomandazioni a proposito delle differenze riguardanti la velocità del vento al momento dell’applicazione basano le proprie motivazioni su criteri economici giacchè le alte velocità aumentano le perdite di pesticidi che non centrano l’obiettivo. Secondo Cavallo (2006) la velocità del vento non dovrà essere superiore ai 12-15Km/h dato che le gocce tendono a diffondersi ed evaporare facilmente, fatto che aumenta il rischio a causa di formazioni tossiche in atmosfera e della diminuzione dell’efficienza del trattamento.

La Comisión Científica Ecuatoriana (2007) nel suo dossier su “El Sistema de Aspersiones Aéreas del Plan Colombia y sus Impactos Sobre el Ecosistema y la Salud en la Frontera Ecuatoriana”, riconosce che il rischio di danno causato da Roundup[1] è maggiore quando la velocità del vento supera gli 8Km/h. L’impresa Bayer basandosi su proprie investigazioni suggerisce di non spruzzare con un vento la cui velocità supera i 10-15 Km/h. Per l’impresa Syngenta, per quanto sia grande la DVM[2], oltre i 6km/h è necessario fermare l’applicazione (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

Con un certo grado di accordo tra gli autori in merito alla velocità massima del vento oltre la quale non è il caso di realizzare applicazioni, non c’è un limite definito in merito alla velocità minima del vento per una aspersione sicura. Ciò è dovuto al fatto per cui un’atmosfera senza vento favorisce l’Inversione Termica fatto che può aumentare considerevolmente la deriva di pesticidi

b) Inversione Termica

Alcuni agrochimici espongono sulle etichette la velocità minima di vento per le applicazioni di agrochimici, come nel caso della formulazione commerciale Coragem[3]. la quale consiglia sull’etichetta di non fare applicazioni con un vento superiore agli 8-10Km/h o inferiore ai 3Km/h.

Tali velocità massime per una aspersione son, di solito, dedotte da simulazioni e prove in presenza di condizioni climatiche e dimensioni della goccia controllate.

Le prove incrociano i diametri delle gocce, le temperature e le umidità relative e le velocità unidirezionali del vento; tutte condizioni controllate in tunnel per le simulazioni. Ma nella realtà, nel momento in cui viene realizzata un’applicazione sul campo, queste variabili si alterano in modo costante e incontrollato.

c) Temperatura ambiente e Umidità relativa

Entrambe le condizioni climatiche si presentano associate durante l’applicazione di pesticidi. L’umidità e le temperature alte favoriscono la volatilizzazione di molti prodotti, come gli organo fosforati, fatto che aumenta la sua tossicità per inalazione (Cavallo, 2006).

Al fine di evitare che le alte temperature aumentino la volatilità e dunque la tossicità del pesticida, si deve aspergere  durante le ore più fresche, in particolare in estate. Aspergere nel corso della mattina presto e al tramonto evitando le ore di maggiore insolazione (Cavallo, 2006).

Il grafico seguente è utilizzato dai consulenti fitosanitari[4] nel prendere decisioni sulle aspersioni a fronte di umidità relativa e temperatura ambiente rilevata al momento dell’applicazione. In esso vengono rappresentate le combinazioni di tali variabili climatiche propizie per la polverizzazione (Etiennot, 2010).

 

Figura 2.  Combinazione di temperature e umidità per determinare l’opportunità di realizzare l’aspersione (Etiennot, 2010).

Per questo, come misura di sicurezza, è stato stabilito che le aspersioni aeree si realizzino con temperature inferiori ai 25°C o con umidità relativa superiore al 60% (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

Sebbene la maggior parte degli autori raccomandi di applicare pesticidi con una umidità relativa superiore al 60%, si sconsigliano anche valori superiori all’80% per l’aumento della deriva delle gocce piccole (Ozkan, 1998).

c) Inversione Termica

L’Inversione Termica è un fenomeno atmosferico che produce una alta stabilità degli strati d’aria a livello del suolo. L’inversione termica favorisce un fenomeno per cui qualsiasi aspersione diffusa in atmosfera in queste condizioni non possa né scendere né salire, rimanendo sospesa nei livelli più bassi dell’atmosfera, in sostanza, quelli che sono maggiormente in contatto col suolo.

In atmosfera la temperatura diminuisce approssimativamente di un grado ogni 100m di altezza; ciò fa si che l’aria fredda, scendendo, aiuti le aspersioni a stabilirsi. Nelle inversioni termiche, quando gli strati di aria calda si mantengono alti, le aspersioni possono permanere sospese nell’aria per periodi prolungati e coprire lunghi tragitti in presenza di piccole brezze (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

Questo fenomeno si manifesta in genere durante le prime ore del mattino, dal sorgere del sole e nelle prime ore della sera, con venti inferiori a 7Km/h (Fritz e col., 2008). La presenza di venti accorcia la stabilità atmosferica e minimizza gli effetti dell’inversione termica. Dati comparativi sperimentali realizzati con gocce della stessa dimensione, aspersa con aerei verso l’atmosfera normale e inversa, dimostrano un incremento della deriva di 7-8 volte in condizione di inversione termica e fino a 5 volte per trattamenti da terra (Leiva, P. 2010). Ozkan (1998) riconosce nei suoi studi che l’intensità della turbolenza, fenomeno associato all’Inversione Termica, è un fattore importante che influisce sulla deriva, ma non è qualcosa che i ricercatori possono valutare facilmente e la sua magnitudine può variare rapidamente a differenza dei cambiamenti in altre condizioni atmosferiche come l’umidità relativa e la temperatura.

Osserviamo che gli orari ottimali per l’applicazione di pesticidi rispetto a tale fenomeno, sono contrari in relazione alle condizioni di Temperatura-Umidità Relativa, generando che la relazione tra esse diminuisca la finestra[5] di aspersioni durante il giorno.

d) Altri fattori climatici

Ai fattori fin qui elencati devono sommarsi effetti fisiochimica sui pesticidi che generano la pressione atmosferica e la radiazione solare. Entrambe influenzano i processi di evaporazione delle gocce asperse. Non approfondiremo gli effetti di tali fattori dato che sono relazionati ai precedenti.

Fattori fisiochimici del prodotto applicato

Menzioniamo tre tra i fattori fisiochimica più importanti sulle gocce asperse, che hanno maggior incidenza sulle derive dei pesticidi.

  1. a) Misura della goccia

Si definisce Diametro Volumetrico Medio (DVM) il diametro del 50% delle gocce asperse, dato che il resto varierà in misure maggiori o minori. Esiste una relazione nella misura della goccia desiderata dagli applicatori dato che:

  • Minore è il diametro della goccia e maggiore sarà il tempo di permanenza nell’aria della stessa, e maggiore sarà la superficie di evaporazione , entrambe fattori indesiderati;
  • Ad un maggior diametro della goccia, l’aumento della rapidità di caduta produce un maggior rimbalzo sulla foglia e, con ciò, un maggior scorrimento, anche questi fenomeni indesiderati per una applicazione ottimale.

Pérez, per l’impresa Syngenta, ha testato velocità terminali[6] di gocce di diversi diametri per valutare a quale altezza nella sua caduta la goccia rimanga sospesa in aria riportando difficoltà nel toccare il suolo (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

Misura delle gocce

in micron (μ)

Velocità terminale (cm/sec)
1.000 = 1mm 400
500 220
200 72
150 48
100 26
90 21
50 7
20 1,2
10 0,3

 

Tabella 1: Tasso di sedimentazione delle gocce in base alla loro dimensione Pérez, Horacio. Syngenta (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

L’impresa avverte che queste sono le caratteristiche di una goccia lanciata in condizioni di aria calma e senza evaporazione; e ciò che intende dimostrare è che le gocce inferiori a 100μm[7] raggiungono l’equilibrio tra la forza di gravità e l’attrito con l’aria in meno di 25cm di caduta, mantenendo una velocità costante, mentre nelle gocce superiori a 500μm la velocità finale si raggiunge a 70 cm (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007). Studiando la dimensione delle gocce, Ozkan (1998) dice che la deriva è molto meno probabile che sia un problema quando si polverizza con un diametro di 200μm e gocce più grandi.

 

  1. b) Evaporazione della goccia

L’evaporazione della goccia polverizzata è il fenomeno per il quale parte della stessa passa alla fase gassosa prima che tocchi l’obiettivo. In base al mix applicato, la vaporizzazione può consistere nella gassificazione dell’acqua che viene aggiunta come solvente, dei coadiuvanti e/o dei tensioattivi e perfino degli stessi principi attivi (vedere iii) fattori tecnologici relazionati alle tecniche di applicazione.

Il fenomeno della evaporazione della goccia al momento della polverizzazione è forse uno dei fattori principali di contaminazione atmosferica con pesticidi. L’evaporazione dipende, nei mix con acqua, dalle alte temperature, dalla bassa umidità relativa e dalla dimensione della goccia, come abbiamo visto nel punto precedente.

Syngenta riconosce che “anche l’evaporazione porta come conseguenza la diminuzione della dimensione della goccia, fatto che permette un maggior trasporto e può occasionare contaminazione umana ambientale e danno alle coltivazioni suscettibili” (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007). Per dare una dimensione agli effetti della dimensione della goccia nelle contaminazioni atmosferiche abbiamo osservato esperimenti sul tempo di permanenza nell’aria, valutati con gocce d’acqua in diverse condizioni climatiche da parte di Perez per l’impresa Syngenta (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

 

Tamaño de la gota en

μm (micrómetros)[8]

Temperatura 20ºC – 22ºC y

Humedad Relativa 80%

Temperatura 30ºC y

Humedad Relativa 50%

50 15sec 3,5sec
100 50sec 14sec
200 200sec 56sec

 

Tabla 2: Tiempo de duración de las gotas de agua en el aire en diferentes condiciones. Fuente: Perez, Horacio. Syngenta (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007)

 

Nella Tavola 2 osserviamo i tempi impiegati da gocce di tre dimensioni diverse nell’evaporazione totale in due scenari di temperatura-umidità relativa. Se combiniamo questi valori con quelli della Tavola 1, concludiamo che entrambe gli effetti si potenziano dato che ad una minore dimensione della goccia si raggiungono velocità terminali inferiori, fatto che produce un tempo maggiore nella caduta della goccia e questo favorisce il tempo per evaporare totalmente la stessa.

In questo modo, le gocce più piccole possono evaporare totalmente al momento dell’applicazione. A causa di questi criteri Leiva (2007) consiglia che con temperature superiori ai 25°C e con un umidità inferiore al 70%, si sospendano le aspersioni a causa della forte perdita di prodotto divuto ad evaporazione.

Syngenta consiglia che per assicurare copertura nelle aspersioni a temperature che vanno tra i 28 e i 32°C e in presenza di umidità relativa inferiore al 70%, non si debbano utilizzare volumi di applicazione sotto i 9 galloni/ha (34L/ha), per lo stesso criterio (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

 

iii. Fattori tecnologici relativi alle tecniche di applicazione

Esiste una serie di fattori tecnologici e metodologici che influenzano la deriva come: la taratura dei team applicativi; tipo, dimensione e orientamento delle pillole irroratrici, altezza e pressione dell’aspersione, velocità della macchina, coperture desiderate (quantità di gocce per unità dell’area); uso di coadiuvanti e tensioattivi, per citarne alcuni (Leiva, 2007). Non svilupperemo i dettagli e i risultati delle investigazioni che contemplano questi fattori, l’obiettivo di questo lavoro consiste nell’indagare i fattori incontrollabili delle applicazioni di pesticidi in relazione alle condizioni climatiche in particolare.

Su questi fattori tecnologici menzioneremo l’uso di coadiuvanti, sostanze che diluite e aggregate nel serbatoio usato per lo spraying, in modo separato alla formulazione dei pesticidi, aiutano a migliorare la qualità dell’applicazione.

Un’ampia gamma di prodotti si possono inquadrare in questo concetto: tensioattivi, penetranti, aderenti, emulsionanti, antiderivanti, compatibilizzanti, detergenti, coloranti, antischiuma ecc. (Masià, 2010).

Tra questi, i surfattanti (tensioattivi) si aggregano con l’obiettivo di diminuire la tensione superficiale del liquido spruzzato in modo da ottenere una migliore bagnatura della superficie foliare. Nella stessa categoria rientrano gli antiderivanti che incrementano il Diametro Volumetrico Medio (DVM) delle gocce in modo che abbiano minore occasione di essere trascinate dal vento (Cid e col., sf). Le prove di diversi tipi di polimeri antiderivanti aggregati ai pesticidi, indicano che l’effetto nella dimensione delle gocce dipende dal tipo di polimero. Ad esempio, i polimeri di vinile e poliacrilammide si mostrano più efficienti rispetto al polimero epossidico di alchilo lineare o ai copolimeri di poliammide nell’aumento di diametro volumetrico medio (Masià, 2010).

Malgrado in termini generici gli studi affermino che ad una maggiore concentrazione del prodotto utilizzato (antideriva) corrispode una minore deriva prodotta durante la polverizzazione (Smith e col., 2001), esistono interazioni tra i coadiuvanti e i composti che formano i mix di pesticidi commerciali, che rendono gli effetti complessi, non prevedibili e in alcuni casi contraddittori (Masià, 2010).

 

TIPI DI DERIVA

Secondo Etiennot (2010) esistono vari tipi di deriva, originati da diversi tipi di causa. In genere possiamo parlare di:

  1. a) Deriva di vapore: associata alla volatilizzazione direttamente relazionata alla pressione del vapore, allo stato fisico del prodotto e alla temperatura ambiente;
  2. b) Deriva di particelle: movimento di particelle polverizzate durante e dopo l’applicazione, associata alla dimensione della goccia emessa durante la polverizzazione e dalle condizioni ambientali. In base a questa differenziazione realizzata da Etiennot e alle osservazioni dei fenomeni di deriva, incluse le investigazioni sulla contaminazione atmosferica e esperimenti di ‘vicinx intossicax’[9]nel nostro paese (Gruppo di Riflessione Rurale. 2009), definiamo una categorizzazione del tipo di deriva in funzione del momento in cui la stessa si produce:

 

1) deriva primaria, è quella che si produce al momento dell’irrorazione

2) deriva secondaria, è quella che si genera nelle ore successive

3) deriva terziaria, è quella che si può verificare settimane, mesi o anni successivi all’applicazione

 

Deriva primaria

Come abbiamo specificato precedentemente, la Deriva Primaria (DP) è quella che si può produrre al momento dell’applicazione, mentre si sta aspergendo il pesticida. Questa è la deriva maggiormente studiata dalla bibliografia scientifica (Leiva, 2007; Etiennot, 2010). La DP può essere minimizzata ottimizzando i diversi fattori che condizionano la deriva di pesticidi e in questo è fondamentale seguire le variabili climatiche in quanto fattore esternoal controllo dell’operatore della macchina applicatrice (Leiva, 2007; Etiennot, 2010).

Una vasta bibliografia di consigli sull’applicazione di pesticidi, progressi tecnologici (tipi di picchi polverizzati, caratteristiche delle macchine, uso di coadiuvanti antideriva, tra gli altri), e la capacità di chi applica, hanno come obiettivo la minimizzazione della deriva primaria (FAO, 2002).

La Comisión Científica Ecuatoriana (2010) riporta la seguente scheda elaborata da Perez per conto dell’impresa Syngenta dove vengono riportate le distanze da cui possano derivare gocce di diversa dimensione nel momento in cui vengono spruzzate da un’altezza media di 3m, come nel caso di una applicazione aerea.

 

Misura della goccia

(μm)[10]

Tempo necessario per una caduta da tre metri Trasporto con una velocità di 4,8 km/h
5 66 minuti 4.827 m
20 11,58 min 338,2 m
50 72,8 sec 54,29 m
100 11 sec 14,64 m
400 4 sec 2,59 m
1000 0,75 sec 1,48 m

Tabla 3: Deriva di una goccia lanciata a 3 metri di altezza (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007)

La scheda 3 è stata elaborata a partire dalla seguente equazione

D = H × U / Vt

dove D è la deriva in metri, H è l’altezza dell’aspersione, U è la velocità orizzontale del vento e Vt è la velocità finale della goccia. Malgrado le informazioni precise riportate da questa tabella in quanto a dimensioni delle distanze delle derive primarie, l’equazione non tiene conto della temperatura ambientale né dell’umidità relativa, non misura il processo di evaporazione né la velocità dell’aereo in funzione, fattori che influiscono molto nella dimensione delle gocce e nella velocità iniziale della goccia; e non considera nemmeno l’inversione termica che potrebbe aumentare la deriva di 5-8 volte, come è stato scoperto più di recente (vedere  c) Reversione Termica).

 

Deriva secondaria

Terminata l’applicazione, gli effetti dei fattori climatici come le alte temperature, la forte irradiazione , la bassa umidità relativa, il cambiamento di velocità e la direzione del vento e la reversione termica possono provocare una rivolatilizzazione e evaporazione degli agrochimici sparsi.

Questa nube chimica che compare sul campo polverizzato, può registrare maggiori livelli di concentrazione grazie ai pesticidi che evaporano e alle gocce che non sono ancora cadute durante la deriva primaria (in particolare le gocce di minore dimensione), e può muoversi on ogni direzione anche fuori dal campo asperso generando la cosiddettaDeriva Secondaria (DS).

Il fenomeno può estendersi anche fino alle 24h successive all’applicazione, se le condizioni climatiche sono favorevoli. Questo effetto si potenzia in quanto il primo periodo di applicazione in Argentina è la stagione calda (primavera-estate).

Un apporto alla comprensione di questo tipo di deriva, è l’effetto di generazioni di aerosol atmosferici. Si considera aerosol il mix eterogeneo di particelle solide o liquide sospese in un gas (nel nostro caso l’atmosfera). Queste particelle hanno dimensioni che vanno tra lo 0,001 μm (clúster molecolare) ai 100μm (piccole gocce di pioggia).

Il seguente schema di Jacob (1999) rappresenta la sequenza di processi che generano aerosol atmosferici a partire dai gas precursori inorganici (solfati, nitrati) e organici, tra quelli che si trovano nei pesticidi. Se consideriamo come precursori i pesticidi rivolatilizzati al momento della polverizzazione, osserviamo che se limitiamo il processo alla tappa della formazione dell’aerosol fine (fine aerosol, 0,01 – 1 um), cioè prima della tappa di spazzamento/evaporazione  (scavenging/evaporation) fino alla formazione di nubi, ciò che può accadere per effetto della reversione termica o dei venti, siamo di fronte ad una Deriva Secondaria. Il processo completo mostrato da Jacob, ci aiuta a comprendere ciò che abbiamo denominato qui di seguito come Deriva Terziaria (vedere Deriva Terziaria).

 

Figura 3: Produzione, crescita e rimozione di aerosol atmosferici (Jacob, 1999).

Uno studio di simulazione sul movimento delle masse gassose realizzato sulla base di condizioni climatiche reali, ha evidenziato questo fenomeno come aggravante della contaminazione del Quartiere Ituzaingò, nella zona meridionale della Città di Córdoba. A partire da un punto di emissione situato al centro del terreno polverizzato, lo studio realizzato da Bonaparte (2012) ha registrato il movimento dei contaminanti per effetto dei fattori climatici fino ad un’ora dopo l’applicazione. Il risultato del programma mostra una rappresentazione grafica a forma di piuma che demarca l’area di dispersione della sostanza. Ogni area colorata rappresenta la probabilità di incontrare il contaminante nella stessa.

 

Figura 4. Simulazione della dispersione dell’erbicida post-semina sul Quartiere Ituzaingó Anexo, Córdoba Capital, sviluppato con software HYSPLIT (Bonaparte, 2012).

 

I vicini (x) delle località fumigate denunciano di frequente questo fenomeno in relazione ad affezioni alla salute manifestatesi nelle ore successive alle applicazioni in campi adiacenti ai quartieri abitati e per la presenza di ‘odori’ diffusi nell’aria soprattutto nel corso delle prime ore della giornata e delle ultime ore della sera in coincidenza del fenomeno di reversione termica (Grupo de Reflexión Rural, 2009; Sentencia Gabrielli Jorge Alberto y otros, 2012). Questo movimento dei pesticidi fino ai centri abitati è conseguenza della Deriva Secondaria, più che la Primaria. È possibile citare un caso concreto tra i tanti verificatisi tra i popoli fumigati, che si è presentato nella città di Marcos Juárez, nel sudest cordovese nel 2012 e fu rilevato da membri del Médicos de Pueblos Fumigados[11] di questa località.

Il 30 marzo di quell’anno, una famiglia denunciò una intossicazione a causa di una polverizzazione in un campo adiacente alla sua abitazione. Il campo era stato fumigato il giorno prima in condizioni climatiche ottimali e raccomandate dalla legislazione vigente[12].

Il giorno seguente si produssero correnti di aria che arrivarono fino all’abitazione, probabilmente in condizioni di reversione termica, fatto che trascinò una parte di pesticida che era tornato in sospensione sul campo, generando la Deriva Secondaria.

La famiglia dovette abbandonare la propria abitazione riportando affezioni respiratorie, fatto che venne registrato nel commissariato del luogo insieme al rispettivo bollettino medico.

Nella quasi totalità delle investigazioni sulle derive di pesticidi non si considera il fenomeno delle derive secondarie. La Deriva Secondaria è incontrollabile in quanto funzione dell’interazione dei fattori climatici con i pesticidi e non è possibile controllare il clima.

Deriva terziaria

Chiamiamo Deriva Terziaria la diffusione di pesticidi e i relativi residui al di fuori del campo polverizzato in tempi successivi all’applicazione; qui si ragiona in tempi lunghi settimane, mesi o anni a causa di diversi fenomeni.

Tutti i pesticidi che non sono andati a segno durante l’applicazione, possono comportarsi in base ai seguenti fenomeni:

  • Decomposizione chimica in molecole minori (considerati metaboliti o residui)[13]
  • Reazione chimica con molecole ambientali, in particolari quelle del suolo;
  • Adsorbimento[14] e assorbimento con sottostrati del suolo
  • Lisciviazione in correnti d’acqua
  • Accumulazione di microorganismi, insetti o specie maggiori
  • Cambiamento di fase in stato gassoso

Ognuno di questi fenomeni, la combinazione o la sinergia tra di essi, fa si che i pesticidi[15] o i loro residui derivino a distanze tanto lontane dal loro punto di applicazione quanto i movimenti degli strati atmosferici più alti facilitino la loro movimentazione.

Jacob (1999) riconosciuto scienziato nordamericano, nel suo libro Introduction Atmospheric Chemistry, sul trasporto di sostanza dalla troposfera[16], ha elaborato un grafico sul tempo necessario affinchè un contaminante arrivi da un punto di emissione a un qualsiasi luogo del pianeta.

Osserviamo che questo trasporto non è isotropico cioè dipende dalla direzione del trasporto: se sia un trasporto meridionale o se sia latitudinale, se sia all’interno dello stesso emisfero o si diriga da un emisfero all’altro. I valori a livello temporale oscillano tra le due settimane e un anno in base al verso delle correnti che hanno un movimento orizzontale in questa regione atmosferica.

A mero esempio, possiamo aspettarci che un contaminante impieghi due settimane per arrivare dal Sudamerica all’Australia a causa di questo fenomeno.

Figura 5: Scala temporale tipica per il trasporto orizzontale nella troposfera (Jacob 1999).

Dobbiamo anche considerare il mescolamento verticale dell’atmosfera per comprendere il movimento dei pesticidi in essa. Come è possibile osservare nella seguente figura pubblicata da Jacob (1999), il mescolamento dello strato più basso dell’atmosfera (tra 1 e 3 Km), dove i pesticidi vengono emessi, può rimanere per 1-2 giorni. Affinchè un contaminante superi questa altezza deve trascorrere del tempo pari circa ad una settimana.

Figura 6: Scale temporali caratteristiche per il trasporto verticale di sostanze nell’atmosfera (Jacob, 1999)[17]

Le conseguenze di questi fenomeni, quanto a dispersione di pesticidi, sono stati rivelati da diversi studi dove, ad esempio, sono state quantificate concentrazioni di pesticidi nell’aria (Astoviza y col., 2012; Lorenzatti y col., 2008), residui di pesticidi in spazi urbani (Sentencia Gabrielli Jorge Alberto y otros, 2012), residui di pesticidi in acqua piovana (Chang y col. 2011), agrochimici nel pulviscolo degli aspiratori delle abitazioni vicine ai campi coltivati (Ward y col., 2000; Ward y col. 2006), contaminazioni di specie sensibili (Esteban, 2011), residui di pesticidi in ambienti acquatici (López-Fernández, 1984; Relyea, R.A., 2005). Alcuni pesticidi così come i COPs[18] si diffondono in base alla temperatura in un processo conosciuto come ‘effetto cavalletta’. Questi prodotti chimici ‘saltano’ intorno al pianeta, evaporano nei luoghi caldi, si lasciano trasportare dal vento e le particelle di polvere si posano sulla terra in luoghi temperati per poi da qui evaporare e continuare a disperdersi.

Chang (2011) ha misurato il glifosato nell’aria dell’atmosfera e nell’acqua della pioggia in zone agricole in cui si registra un forte utilizzo del glifosato come l’Iowa e il Mississippi. La frequenza del rinvenimento era tra il 60% e il 100% delle misurazioni dove le concentrazioni di glifosato erano in un range di 0,01 a 9,1ng/m3 per l’aria e tra lo 0,1 al 2,5 μg/L  nei campioni di pioggia.

Nel suo lavoro Chang (2011) ha provato che una pioggia settimanale di 30ml rimuove il 97% del glifosato dall’aria atmosferica.

Lo stesso autore spiega nel suo lavoro che la presenza di glifosato nell’aria si deve alla deriva o all’erosione eolica giacchè questo composto non ha tendenza alla volatilità a causa della bassa pressione di vapore e al carattere ionico che possiede nei suoli umidi. Per i pesticidi volatili come gli organoclorurati e gli organofosforici, lo schema della figura 3 di Jacob (1999) sulla generazione di aerosol, aiuta a comprendere uno dei processi per i quali alcuni agrochimici possono finire per far parte dell’acqua piovana, oltre ai processi di spazzamento di sostanze atmosferiche al momento della precipitazione.

In un altro studio Minar (2007) ha riportato che in studi recenti in Costa Rica e California si sono riscontrati residui di pesticidi in zone boschive piovose a più di 20Km di distanza da dove si trovano le aziende agricole. Gli studi hanno trovato non solo livelli 10 volte più alti di pesticidi negli stagni delle rane ma anche nei corpi delle stesse, fatto che si suppone procuri la morte a più del 90% della popolazione di questi animali. Questo si spiega con l’evaporazione di questi prodotti che nell’utilizzo, arrivando fino agli strati più alti dell’atmosfera, tornano in forma liquida e, con la pioggia, si concentrano in luoghi in cui abitano questi anfibi (Comisión Científica Ecuatoriana, 2010).

Modi per polverizzare

Esistono tre modi principalmente per polverizzare in funzione dell’equipaggiamento utilizzato: manualmente (si realizza con l’uso di uno zaino azionato da una leva manuale), la terrestre, attraverso veicoli auto propellenti (chiamati volgarmente ‘mosquitos’) o il cui impulso è dato un’altra macchina (chiamata ‘di trascinamento’) e l’aerea che si realizza mediante un aereo.

A causa della minore capacità di carico degli aerei rispetto ai polverizzatori terrestri, la concentrazione del pesticida che viene lanciato è 4 volte maggiore e in questo caso le gocce che vengono spruzzate possono essere 1/8 volte più piccole rispetto a quelle prodotte dalla polverizzazione terrestre (Comisión Científica Ecuatoriana, 2007).

Queste condizioni, sommate alla maggiore altezza dell’aspersione, fanno si che una frazione considerevole dei pesticidi spruzzati dagli aerei si volatilizzino completamente senza toccare il suolo o viaggino a distanze maggiori a causa della deriva della goccia, aumentando la probabilità che si verifichino i tre tipi di deriva.

A causa di queste caratteristiche, le applicazioni aeree producono derive maggiori rispetto quelle da terra. Gli studi che danno supporto a questi fondamenti e considerazioni, hanno spinto nel 2009 la Comunità Europea a suggerire agli Stati Membri la proibizione totale delle polverizzazioni aeree nell’Art9 del Capitolo IX (Direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo e del Cosiglio d’Europa. L 309/71, 21 ottobre 2009).

 

Fascia di protezione per le popolazioni.

I progressi quanto alla creazione di fasce di protezione per le popolazioni, ha avuto come motore propulsore le lotte dei vicini dei popoli fumigati più che le discussioni della comunità scientifica rispetto al problema.

In questo senso, nella provincia di Córdoba almeno una ventina di popolazioni ha fatto progressi nella creazione di Zone Buffer[19] di proibizione totale dell’applicazione di pesticidi a partire dalle ordinanze (ndr. insieme di norme elaborate per il buongoverno di una comunità) (La Voz, 2012). Su queste discussioni che si verificano nei territori fumigati[20], i tecnici, i funzionari e gli attori sociali che difendono e promuovono il settore agroindustriale, negano la necessità di creare zone buffer o ne minimizzano le dimensioni (Ministerio de Agricultura, Ganadería y Pesca, 2013) nell’inconsistenza di fondamenti scientifici (Revista Chacra, 2013).

In questo schema vi è l’abitudine ad usare espressioni peggiorative per riferirsi elle proposte delle comunità vicine, stigmatizzando attraverso bassi termini dequalificanti come ‘fondamentalisti’, ‘ignoranti’, ‘ambientalisti’, o ‘ecologisti’ (Marca Líquida, rivista, novembre 2010, luglio e ottobre 2012).

Si negano a partire da questi discorsi l’autentica difesa dei diritti costituzionali a vivere in un ambiente sano, adatto ed equilibrato (CostituzioneNazionale, articolo 41°). Ma al di là dei dibattiti pubblici e mediatici di coloro che promuovono una agricoltura chimica-transgenica, nelle comunità si verificano esperienze arricchenti di partecipazione di vicinato con vasti supporti scientifici e tecnici che hanno basato le fondamenta con ampiezza di criteri le zone di protezione (Ordenanza N°5531, San Francisco), dove tra l’altro si promuovono con agricolture in armonia con un ambiente salubre come l’agroecologia (Ordenanza N°2671/2010, Cañuelas), una delle tante forme di produzione agricola che tra l’altro può generare maggiori volumi di alimento per unità di area (Altieri, 1998).

Le esperienze delle legislazioni municipali in questo senso (proibizione di pesticidi sintetici) possono inquadrarsi in alcune tra queste 3 situazioni concrete:

  • Proibizione in tutti gli ejido comunali (ndr. terreni esterni a unità abitate, adibiti a usi comuni come il pascolo) (ad esempio ad Anisacate, provincia di Córdoba);
  • Proibizione in un raggio di distanza rispetto al centro abitato (ad esempio a San Francisco, provincia di Córdoba);
  • Proibizione in terreni particolari in seguito ad accordi con privati (ad esempio ad Oncativo, provincia di Córdoba).

Il dibattito fondamentale in tutti questi casi è il seguente: qual è la distanza minima di applicazione terrestre e aerea di pesticidi per garantire i diritti costituzionali di non contaminazione? Come osserviamo in questo lavoro, molte sono le variabili che influiscono sulla deriva essendo estremamente difficile predire con precisione la distanza della deriva delle goccioline per le condizioni del campo (Ozkan, 1998). A partire dal riconoscimento delle 3 derive fin qui sviluppato, la definizione di una distanza minima delle polverizzazioni dai centri urbani deve portarci a considerare le distanze superiori ai 4800 metri che è la distanza massima che può percorrere la goccia più piccola di un’applicazione (Tavola 3), in condizioni climatiche ottimali. Ricordiamo che in condizioni di reversione termica la deriva può potenziarsi a distanze fino a 9 volte superiori per le applicazioni aeree. Sebbene questo valore garantirà la minimizzazione di contaminanti a causa delle Derive Primarie, la protezione non risulterà completa davanti alla Deriva Secondaria soprattutto per gli effetii della reversione termica.

Per garantire concentrazioni di pesticidi in ambiente minori rispetto a quelle prese in considerazione dalla Legge Nazionale sui Residui Pericolosi (Legge 24051), malgrado la distanza della zona buffer, dei provvedimenti per la protezione delle popolazioni, le garanzie sulla salute devono essere accompagnate da disegni di queste aree a partire da criteri ambientali (rosa dei venti, asperità geografiche, topografia, correnti d’acqua, forestazione ecc) per minimizzare ancor di più le possibilità di deriva delle applicazioni di pesticidi nelle vicinanze di spazi umani ed elementi naturali sensibili alle contaminazioni con gli agrochimici, come le scuole rurali, corsi d’acqua superficiali, bacini idrici, boschi nativi, altre attività agricole (apicoltura, agro ecologia, biodinamica, produzioni organiche), tra le altre. Riguardo alle contaminazioni che possono essere prodotte dalla Deriva Terziaria distanze niente può essere fatto in termini di creazione di zone buffer, posto che le distanze che possono essere coperte dagli agrochimici a causa della somma dei fenomeni che la definiscono, sono tante quanto è grande il pianeta.

Come abbiamo visto nel punto precedente, progredire nella proibizione totale delle polverizzazioni aeree potrebbe diminuire considerevolmente gli effetti delle Derive Terziarie.

Critiche alle Buone Pratiche Agricole

Secondo un documento dell’Officina Regionale della FAO per l’America Latina e i Caraibi (FAO, 2004), le Buone Pratiche Agricole consistono nell’applicazione delle conoscenze disponibili all’uso sostenibile delle risorse naturali basilari per la produzione, in maniera benevola, di prodotti agricoli destinati alla’alimentazione e non innocui e salubri, mentre si stimola la vitalità economica e la stabilità sociale. Nelle parole della stessa FAO (2004) le BPA costituiscono la ferramenta il cui uso persegue la sostenibilità ambientale economica e sociale dello sfruttamento agricolo specialmente dei piccoli produttori di sussistenza, fatto che deve tradursi nell’ottenimento di prodotti alimentari e non più innocui e salutari per l’autoconsumo e quello del consumatore. In seno alle BPA, le Buone Pratiche per l’Applicazione dei Pesticidi sono un insieme armonico di tecniche e pratiche applicabili alla distribuzione di fitosanitari tendenti a fare in modo che il prodotto possa esprimere la sua massima capacità per cui è stato concepito diminuendo al massimo qualsiasi forma di deriva evitando anche i possibili danni emergenti a salute e ambiente (FAO 2002). I criteri abbozzati da coloro che promuovono le applicazioni di pesticidi in quanto tecnologia indispensabile per la produzione di alimenti, sono supportati dalle BPA. Alcuni tra questi criteri sostengono che : a) esiste un modo responsabile per usare i pesticidi; b) la ricerca e lo sviluppo forniscono nuove molecole con un minore livello di tossicità; c) i pesticidi si applicano con livelli di concentrazione sempre minori; d) i pesticidi sono sempre più specifici e controllano solo un parassita senza colpirne altri.

In termini di contaminazione, le BPA assicurano protezione al consumatore a partire dal rispetto dei tempi di carenza[21] e delle tolleranze ammissibili[22] per i pesticidi rispetto agli alimenti trattati. In questo senso il principale obiettivo delle BPA è garantire che la produzione non contenga residui oltre quei limiti che la rendano inappetibile nel mercato di destinazione e quindi continua con raccomandazioni riguardo ‘un tempo specifico’ di applicazione per il ‘residuo più basso possibile’. Le norme contemplano depositi e immagazzinamento e rischio di incidente, protezione dei lavoratori che manipolano i pesticidi, tecniche di prevenzione (procedimento di lavoro e formazione) e protezione. Rispetto alla protezione ambientale, le BPA sviluppano una serie di raccomandazioni per la calibratura delle macchine applicatrici, delle condizioni ambientali, del trattamento degli effluenti e dei contenitori vuoti in seguito alle attività svolte. Ma in tutto il loro sviluppo le BPA considerano solo la possibilità e in essa la minimizzazione di ciò che qui consideriamo deriva primaria, senza considerare le altre potenzialità della diffusione dei pesticidi. Malgrado le carenze precedenti, le BPA non considerano nei loro enunciati i rischi di colpire le popolazioni vicine ai luoghi di applicazione. I rischi ricadono su esseri umani, lavoratori e consumatori dei prodotti trattati. In ciò le norme considerano l’attenzione all’ambiente ma non approfondiscono i rischi concreti che stanno affliggendo le popolazioni vicine ai luoghi di sfruttamento agricolo a partire dai pesticidi.

Altre attività che producono Deriva di agrochimici

Le applicazioni dei pesticidi nella produzione agricola non sono l’unica fonte di deriva di questi composti tossici verso la popolazione. La configurazione urbana che richiama il modello di agro negozio imposto nel nostro paese nell’ultimo ventennio, richiede che nello stesso centro popolato si sviluppino attività che sovraccaricano l’ambiente di agrochimici e pongono in serio rischio di incidente chimico i caseggiati circostanti. Tra queste attività, le seguenti rappresentano i rischi maggiori di contaminazione da agrochimico per i vicini che vi convivono:

  • Impianti per l’approvvigionamento di semi (semenzai)
  • Impianti per la raccolta dei cereali (silos)
  • Depositi per i pesticidi

Le prime due, considerate come attività industriali, utilizzano volumi di pesticida proporzionali alla misura delle raccolte, generano emissioni gassose a causa del movimento dei cereali al loro interno.

La maggior parte delle popolazioni che si trovano nella parte più interna della provincia e la cui economia è basata sull’agricoltura, posseggono una fisionomia ereditata dalla costruzione delle ferrovie, dove le bottinatrici di cereali si trovano attraversano longitudinalmente le stesse. Rispetto ai depositi di agrochimici, la normativa provinciale di Córdoba (Legge 9164, decreto 132/05) esige una distanza minima di 10 metri. Alla luce di questo criterio, non viene riconosciuto alcun rischio di fuga chimica dai bidoni di pesticida per la vendita né riconosce il rischio di incendio per questa attività, fatto che laddove dovesse verificarsi, provocherebbe una catastrofe per la popolazione esposta.

Conclusioni

Vari principi dimostrano la mobilità a grandi distanze degli agrochimici. La vasta quantità di studi che rilevano la contaminazione ambientale di questi composti, dimostrano che le molecole d pesticida viaggiano per molti chilometri nell’aria, si infiltrano nei corsi d’acqua, viaggiano attraverso i fiumi, si scaricano attraverso la pioggia, si diffondono nel pulviscolo ambientale, e trovano molti modi per arrivare nelle nostre vite.

Le raccomandazioni per minimizzare le contaminazioni dovute alla deriva dei pesticidi finiscono per essere sterili rispetto alla pratica dell’attività agricola e ciò perché non è possibile controllare le molecole degli agrochimici nel momento in cui si sperdono nell’ambiente. I produttori nei campi, hanno finestre di applicazioni molto piccole, che arrivano ad annullarsi nel momento in cui devono configurare le variabili climatiche che la normativa esige, con i tempi di comparsa dei parassiti e i tempi nella disponibilità delle imprese che applicano i pesticidi per fornire i loro servizi. Un aggravante delle concentrazioni di contaminanti derivati dai pesticidi che vengono riportate si trova nelle maggiori quantità di pesticidi che si applicano in ogni nuova campagna a causa delle resistenze che sviluppano i parassiti (Souza Casadinho, 2009), e i cocktel che si improvvisano da parte dei produttori al momento della polverizzazione i cui effetti sinergici non sono stati ancora studiati. Queste situazioni aumentano i rischi di contaminazione di questa attività e spingono le popolazioni esposte a fornire una soluzione per un quadro sanitario e ambientale deteriorato come mai prima d’ora era successo (Colectivo Paren de Fumigar Córdoba).

In base ai temi sviluppati possiamo affermare che non esistono applicazioni di pesticida controllabili perché fondamentalmente ciò che non si può controllare è la interazione tra il clima e i fenomeni fisiochimica dei pesticidi, dei loro residui e dei coadiuvanti e tensioattivi.

Autore: Ing. Chimico Marcos Tomasoni

Traduzione: Chiara Madaro

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1 commento

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